Indice dei contenuti
A quasi mezzo secolo dalla morte – per amor della precisione quarantanove anni – di Pier Paolo Pasolini, ho voluto ricordalo, rendergli omaggio in un modo diverso, forse strano, tanto quanto –spero – originale. Superbamente mi piace pensare alla “sua” maniera.
È nato così questo racconto più o meno poetico dedicato al più grande intellettuale di tutti i tempi, ma non solo lui.
Non voglio svelare molto della trama, che ha una voce narrante insolita. Lascio il piacere di scoprirla parola dopo parola.
A Pier Paolo Pasolini, il poeta immortale, l’ultimo degli intellettuali.
Un caffè per due
“Questa è una legge sporca di sangue”.
Lui, sorride.
«Vorrei fermare il tempo. Il signor Tempo». Dice Paolo Borsellino a Pier Paolo Pasolini.
Eppure il tempo non è solo fermo su di loro. Ha fatto qualcosa di più. Li ha fatti incontrare, in una dimensione, uno spazio temporale.
La diatriba delle dee
«Un po’ tiranno, oserei dire. Un bel po’, lo è stato il signor Tempo, non trovi?» Dice la signora Morte alla signora Vita, che silenziosa ascolta.
Si divertono le tre divinità più potenti dell’Universo a guardare come gli essere umani si distruggono fra di loro. A volte si dispiacciono per alcuni. Così capita che decidono di estrapolare dei “messaggeri con un intelletto non terreno” e li collocano dove meglio credono, in una qualche dimensione, un qualsiasi spazio. Tuttavia, la clemenza non è una parola contemplata nel loro vocabolario. Non si curano di alcun paradiso da donare, solo luoghi dove potersi incontrare.
La signora Morte, vestita di stracci e un lungo manto nero, chiede alla signora Vita: «Perché amano solo te?»
La signora Vita avvolta da tessuti preziosi e brillanti, risponde: «Guardami. Sono una bellissima illusione. Tu non sei altro che un’orribile realtà. Nessuno si rende conto che sei parte di me. Hanno gli occhi della mente chiusi. Giochi di prestigio, i miei preferiti».
«Ma brave. Siete dentro a questa accesa diatriba da non so quanto. All’inizio sembrava divertente, ora, mi annoiate. Non sentitevi indispensabili. Chi si sente esclusa, chi esclusiva. Ridicole. Placatevi, sono io il signore supremo. Scorro, scivolo tra le dita, volo via. Un battito di ciglia e voi siete già passato, entrambe. Tiranno io? Mai. Tiranno è chi non sa comprendermi, chi ha dimenticato di stringermi». Afferma in maniera narcisistica il signor Tempo.
Il Taccuino e l’Agenda Rossa
Pasolini e Borsellino sono fermi lì, in quel tavolo a bere caffè.
Uno dei due ha aperto il Corriere della Sera datato 14 novembre 1974, vicino il suo Taccuino di pelle con appunti e qualche schizzo di disegno. L’altro ha la sua Agenda Rossa e alcune parole si leggono chiaramente: “Coloro che si sono macchiati le mani del sangue del mio amico Giovanni, ne sono sicuro, sono…” Il foglio bianco aspetta di essere compilato, la penna poggiata su di esso. La mano forte eppure delicata di Paolo, la sfiora.
Il disappunto del titano
«Che cosa sono diciassette anni? Quelli che intercorrono tra la morte di Pasolini e Borsellino?»
«Nulla, Vita. Per me poco più di niente, ma per te?»
«Per me sono troppi, signora Morte. È un lasso di tempo enorme per poter essere sintetizzato in poche parole».
«Chi ha detto che vi sono concesse poche parole? Suvvia signore. Non siate melodrammatiche. Noi abbiamo tutto ciò che vogliamo, sono loro che hanno avuto poco» dice il signor Tempo, indicando il coraggio, la forza, l’audacia, la fragilità, la paura, gli ideali, l’onestà rinchiusi in due corpi, un tempo fatti di carne e ossa.
Riflessioni
«Non è facile caro Paolo. Sai le mie battaglie le ho intraprese attraverso l’intelletto, con la penna e con la carta, le sole armi a mia disposizione. La gente si ferma davanti alle apparenze, vive una vita fatta di bugie e illusioni, come se tutto fosse un palcoscenico e loro dei pessimi attori di teatro. Si vive di apparenze. Io sono sempre stato scandaloso, nella stessa misura in cui si tende una corda, anzi un cordone ombelicale, tra il sacro e il profano. Lo sai? Certo che lo sai». Pasolini distoglie lo sguardo da Borsellino e lo posa altrove, distrattamente.
Paolo Borsellino fissa lo sguardo turbato di Pasolini, poi con voce quieta gli dice: «Hai vissuto fuori dagli schemi. E hai creduto sempre nelle persone. Questo è un difetto. E ce lo abbiamo entrambi. La tua carta, la tua penna, oggetti così indispensabili per te, sono forti guerrieri, all’apparenza così fragili. Soggetti all’usura, in balia dell’intemperie cui il signor Tempo li sottopone. Evidentemente inarrestabili, permettimi di affermare però che la Storia è ripetitiva. Non si impara mai dagli errori di ieri. Soffriamo di “presentismo”. È ciclica la Storia? Tu con i tuoi “Golpe”, io con il mio “Cosa Nostra”, lì in quella dimensione che abbiamo abitato e che in questo stesso istante, combattono Mafia Capitale».
Pier Paolo torna a guardare il suo interlocutore, poi con un sorriso mesto afferma: «Mafia Capitale, politica, chiesa tanti sinonimo con lo stesso significato: corruzione. La combattono? Non mi sembra. Non ci sono altri noi. Qui, non posso e non voglio essere modesto».
Borsellino lo guarda intensamente, tuttavia sa quanto Pier Paolo, suo malgrado, abbia ragione. Non esprime quel pensiero, e gli dice: «Che cosa siamo stati, noi?»
«Ottimi personaggi, direi. Siamo stati disegnati da Stan Lee. Io sono Doctor Strange, tu Iron Man», risponde Pier Paolo.
Borsellino ride di cuore: «Oh, fantastico! Dobbiamo comprare un mantello per te, e un’armatura esoscheletrica per me». Pasolini si unisce alla risata. È risaputo, le risate sono contagiose.
Chi sono io? Solo un narratore.
Dovrei dirlo chi sono io?
Presentarmi, raccontare perché ho voluto scrivere questa storia, che poi dove vi – mi – porterà, ancora non so dirlo. Non sono la signora Vita né la signora Morte. No, nemmeno il signor Tempo. Sono potente quanto loro, certo.
Comunque al momento non credo sia importante sappiate chi io sia. Forse, se mi andrà, ve lo svelerò più avanti. Sempre se non lo abbiate già capito.
Siamo pedine di una scacchiera?
Di colpo Pasolini torna serio: «Vorrei dirti che in via d’Amelio, quel 19 luglio, nulla è successo».
«Anch’io vorrei cancellare quel 2 novembre e l’idroscalo di Ostia. Tuttavia c’è una legge arcana anche per questo. Cambiare un solo evento in una qualsiasi dimensione, anche se in buona fede, creerebbe caos e disordine. È così che dovevano andare le cose, altrimenti adesso, non saremmo qua a discorrere», afferma poco convinto Borsellino.
«Sai il senso di tutto questo, caro magistrato?»
«Non vanto un tale potere. Però so che quando si fanno delle scelte, si compie un salto nel vuoto e che quelle scelte sono in grado di cambiare il corso della propria esistenza, per sempre. Decidiamo per noi, per chi ci sta a fianco, in qualche modo, per quel mondo in cui abitiamo. Ma davvero siamo noi a compiere quelle scelte o siamo delle pedine? È banale chiedere questo? Pensaci Pier Paolo, è come se fossimo stati i pezzi in una scacchiera. I pezzi non sanno da chi sono mossi, ma forse si chiedono il perché quel qualcuno è stato indotto o lo ha deciso, quel movimento strategico. Mi sentivo “la regina”, il pezzo più potente. Poi ho preso consapevolezza: ero un “pedone”. La certezza dolorosa e disarmante non mi metteva paura, solo rammarico e rabbia e sconcerto. In fondo dopo tutto il mio lottare, che cosa avevo ottenuto in realtà? Dove si trovava di preciso, la signora Giustizia? Lo Stato è corrotto fino al midollo. Marcio. Come lo si chiami, poco importa. Stato, mafia, politica, chiesa, avanguardia nazionale, falange armata, comitato per la liberazione, gang, non fa differenza».
Sarebbe solo il caos
«Voglio riportarli a quando hanno combattuto le loro guerre e le hanno perse», afferma il signor Tempo.
«Non puoi, Tempo tutto diventerebbe caos» dice risoluta Vita.
«Cara signora Vita, io posso tutto».
«Non così tanto, non ci sfidare», afferma piccata la signora Morte.
«Oh, Morte, non fare la melodrammatica. Vorrei solo non facessero quella fine orrenda. Ti sei palesata a loro nel peggiore dei modi». Il signor Tempo sfida con lo sguardo la signora Morte.
«Non mi dare colpe che non ho, Tempo. Mi sono palesata quando Vita mi ha chiamato. E no, non sono stata terribile, tutt’altro. Orribile è stato il modo, ma questo lo hanno deciso gli umani. Tutti i mostri sono umani. Ho avvolto Paolo e Pierpaolo nell’obblio del nulla. Ho attutito il dolore, ma non sono riuscita a mitigare il rimpianto».
Sappiamo troppe cose
«Una scacchiera. Siamo i pezzi di una scacchiera. Anche ora, caro magistrato. Le divinità più potenti dei mondi, sono loro i giocatori. La signora Morte, la signora Vita, il signor Tempo. Hai paura, adesso Paolo?»
«Di che cosa dovrei avere paura, sono già morto».
«Di quello che sai ora, di quello che sei ora, caro magistrato. Di quanto questa dimensione sia debole. Non potremmo mai ricompattarci con i noi delle altre dimensioni, se un giorno tutti i mondi collidessero. Sappiamo troppe cose. Smetteremo di essere davvero».
«E allora conosceremo se ci è riconosciuto il paradiso o l’inferno o nessuno dei due, perché niente esiste. Io so, Pier Paolo. Anche Io so. Ecco la mia agenda rossa».
Minacce
«Mi minacciate? Signora Vita, signora Morte, non mi provocate. Cosa siete, le rappresentanti di Cosa Nostra e dei Golpe? Potrei essere il rappresentante di Mafia Capitale», afferma irato il signor Tempo.
Il narratore
Dovrei, cari lettori, mettere a tacere queste tre divinità? No, lasciamoli in balia della loro superbia.
Le ere si susseguono sul pianeta Terra, incapaci di scandire dissomiglianze.
Le divinità, cari amici, saranno sempre incastrate nelle loro accese diatribe. Pierpaolo e Paolo, nel loro dibattito.
Io? Cari amici, vi narrerò ancora storie e continuerò a fare quello che mi riesce meglio: fluire. No, non in modo disordinato come il signor Tempo. Fluisco, scorro dentro i corpi, sperando di non riversarmi sui pavimenti, auspicando di non divenire marcio.
Non lo avete capito?
Suvvia.
Certo che sono io. Caldo, rosso e corposo. No, non sono un vino.
A presto cari amici.
Personaggi
1) Sé di Borsellino
2) Sé di Pasolini
3) Signora Vita
4) Signora Morte
5) Signor Tempo
Narratore: Signor Sangue