Paolo Volponi e la naturalezza della genesi poetica

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La prima espressione letteraria per Paolo Volponi, fu quella poetica. L’argomento della mitopoiesi sociale nel romanzo volponiano e dall’approdo alla narrativa partendo dalla poesia è stato ampliamente affrontato in molti miei saggi, tra i quali in questa sede ricordo, Mitopoiesi sociale nel romanzo volponiano. Quando i temi della lirica giovanile diventano il sostrato di una vita da scrittore, in Riscontri1 e La narrativa in Paolo Volponi, in Avanguardia2, meno frequentato invece è stato il suo approccio poetico.  

Paolo Volponi si affacciò con prepotenza nel panorama letterario italiano di fine prima metà del Novecento a soli 24 anni, con la raccolta Il ramarro (1948)3. Si tratta di quaranta componimenti scritti nell’immediato dopoguerra seguendo la moda ermetica del frammento lirico paratattico4. Lo spazio poetico delineato per successivi bozzetti e frammenti è un microcosmo naturale che si confonde, specchio del macrocosmo dell’io poetico. A tal proposito estremamente interessanti risultano essere le parole del Volponi sulla genesi della sua poesia in A lezione da Paolo Volponi:  

Perché scrivevo poesie allora, non ancora ventenne? Perché ero incerto, perché avevo paura. Ero folgorato da certe immagini, da certe visioni, filtrate attraverso il ricordo delle letture incerte e frammentarie della scuola, che mi portavano ad avere un rapporto con fatti lontani magici perenni quali gli astri, il paesaggio, le stagioni, le tempeste o le ragazze; o certe durezze della vita di allora, anche se già toccata dalle grandi speranze della libertà e poco dopo esaltata dagli effetti della liberazione5.  

La poesia per Volponi fu il mezzo tramite il quale riuscì a dare una forma alle sue irrefrenabili pulsioni, si trae dunque una forma da un magma cosmico di sensazioni giovanili. È infatti notevole, e non privo delle ingenuità e della meccanicità dell’apprendistato letterario, lo sforzo di appropriarsi di alcune costanti stilistiche e linguistiche tipiche dell’usus dei poeti più maturi. Nella poesia giovanile volponiana domina il sostantivo assoluto, con sospensione dell’articolo (il tipo: «Vastità che soffro», R, 59), l’analogismo sviluppato mediante coppie inconsuete di aggettivo e sostantivo ed epiteti di tipo sinestetico.  

La poesia fu per Volponi cosa naturale, approccio ordinario d’espressione, prima forma letteraria. Egli stesso ha sempre affermato di averla sentita come ordinarietà linguistica, mentre l’approdo alla narrativa fu evoluzione stilistica e tecnica. La poesia per il giovane Volponi però è anche un rifugio sicuro. «Nello stesso Liceo “Raffaello”, dove Giovanni Pascoli studiò ed eccelse, suscitando il vivo entusiasmo dei suoi docenti, Volponi si sente estraneo, oppresso da un senso di claustrofobia»6. E ancora dallo stesso Volponi: «Ho passato anni di terrore in quel ginnasio, di vero dolore; anche perché non capivo nulla e nulla diventava mio»7. Volponi è proprio in quegli anni che inizia ad affidarsi ad un’altra scuola, quella della strada, quella della vita, fatta di piazze, mercati, botteghe, caffè, fabbriche, macellerie, ecc. Divine così un acuto osservatore della realtà, diviene così un poeta. La poesia, come già detto, costituì il suo primo approdo alla letteratura, ma fu anche un intermezzo alla narrativa che lo accompagnò per tutta la vita. Parentesi liriche squarciano gli ampi scenari narrativi dei romanzi; e una pellicola narrativa si dispiega, a sua volta, nei versi che prendono una forma poematica sin dalle Porte dell’Appennino. Proprio di questa raccolta fanno parte i tre componimenti che seguono, dove chiaramente emerge l’occhio da osservatore dell’urbinate e tutto il suo legame e attaccamento alla sua terra, che ancor più forte ritornerà in La strada per Roma

D’autunno è con noi 

D’autunno è con noi 
ogni foglia e ghianda 
ed è raggiunto il cielo. 
Fra le avellane svolazza 
la palomba ferita, 
freme il sottobosco 
agli scoppi 
dei ricci di castagna. 
Dolcissima è l’ultima uva 
celata fra i pampini rossi, 
sul fianco dei monti sale 
il fumo delle carbonaie. 
A sera 
io provo il caldo smemorato 
delle castagne, 
del torbido vino, 
il più nudo corpo 
della mia donna. 

  

La vergine 

I sassi bianchi 
sono le tue spalle 
gli alberi la tua statura; 
è la tua gola che batte 
se una rosa si muove 
non vista nel giardino. 
Dì pure al vento 
di perdere il tuo canto 
nella voce dei fossi, 
al rosmarino 
di chiudere i sentieri. 
L’innocente starna 
si leva alta sul bosco 
e m’indica il tuo cammino. 

  

Ramarro 

Nelle vastissime notti 
io sento 
U rumore delle ossature delle cose 
gli alberi che battono sulle strade. 
La terra tesa con spasimo 
che potrebbe schiantarsi 
come u ghiaccio di un lago. 
lo debbo reagire 
per non farmi sovrastare 
dal rumore del mio corpo 
per non farmi tendere 
come la pelle della terra. 
Cerco di spezzare le corde 
che stirane ogni cosa. 

Note

  1. R. Renzi – L. Berdini, Mitopoiesi sociale nel romanzo volponiano. Quando i temi della lirica giovanile diventano il sostrato di una vita da scrittore, in Riscontri, n. 3, anno XLIV, 2022, pp. 83-90. 
  2. R. Renzi, La narrativa in Paolo Volponi, in Avanguardia, n. 79, 2022, pp. 123-130. 
  3. P. Volponi, Il ramarro, con una presentazione di Carlo Bo, Urbino, Istituto D’arte, 1948. 
  4. La moda del nuovo patriottismo post-bellico è dettata dalla contrapposizione con il vecchio patriottismo fascista, il nuovo però bypassa quello fascista e attinge direttamente a quello risorgimentale, più vicino alle esigenze della neonata Repubblica. 
  5.  P. Volponi, A lezione da Paolo Volponi, in «Poesia», n. 2, 1988, p. 47.
  6. S. Ritrovato, All’ombra della memoria. Studi su Paolo Volponi, Pesaro, Metauro Edizioni, 2013, p. 10. 
  7.  P. Volponi, Introduzione a I. Di Martino, Enciclopedia della gestione della scuola, Milano, Teti, 1977, pp. 4-5.

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Laureato in Lettere classiche presso l’Università degli studi di Urbino e con Laurea magistrale in Scienze Storiche presso l’Università di Macerata, ha conseguito una Summer school in metrica e ritmica greca presso la Scuola di metrica dell’Università di Urbino (2016).
Nell’ottobre 2022 consegue il Master di primo livello in “Operatore delle biblioteche”. Nel 2022 entra a far parte del Centro studi sallustiani, dell’Unipop di Fermo, del comitato scientifico della
rivista di filologia greca e latina Scholia (didattica), in qualità di vicedirettore e in qualità di socio-amico dell’Aib. Insegna materie letterarie presso l’Istituto di Formazione Professionale Artigianelli di Fermo.
Appassionato di storia greca e romana, e di poesia, ha pubblicato numerose monografie sugli storici latini e alcune sillogi poetiche: La tradizione delle opere sallustiane dai manoscritti agli incunaboli della Biblioteca civica di Fermo, AndreaLivi Editore, 2020; Tito Livio. La fortuna del più grande storico romano, Primicieri Editore, 2021; APPIANO ALESSANDRINO. Dall’età classica all’età contemporanea, Primiceri Editore, 2021; Rufo Festo Avieno, la fortuna di uno storico minore, Arbor Sapientiae editore, 2021; La fortuna di uno storico minore: Lucio Anneo Floro, i manoscritti e gli incunaboli della Biblioteca Civica Romolo Spezioli, Amarganta, 2021; Svetonio. Dall’età
classica all’età moderna. Gli esemplari della Biblioteca civica Romolo Spezioli di Fermo, Primiceri, 2022; Frammenti poetici,BookSprint, 2021; Renzi Riccardo, ἀλήθεια, Sonnino, Edizioni La Gru, 2022; Studi e riflessioni sull’evoluzione del ceto nobiliare: tra la fine del medioevo e la prima età moderna, Primiceri, 2022.

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