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È stata una lettura titanica, e non solo per la mole. Pechino è in coma è uno di quei testi che scava nel lettore, che entra sotto la pelle, che rimane. Per sempre.
Ma Jian – l’autore
Scrittore e giornalista cinese, come da migliore tradizione risiede da anni all’estero e tutte le sue opere sono bandite dalla madrepatria.
Quando compie i trent’anni, abbandona il lavoro e compie un viaggio di tre anni attraverso la Cina, che sarà poi descritto nel suo libro Polvere rossa.
Il successo lo raggiunge con Tira fuori la lingua, una raccolta di racconti sul Tibet pubblicata nel 1987 e tradotta in inglese solo nel 2006. E insieme al successo arriva anche la condanna pubblica del governo cinese e il bando delle sue opere.
Pechino è in coma viene edito nel 2008, non è il suo ultimo libro ma sicuramente è tra quelli che hanno l’impatto maggiore.
Le proteste di Piazza Tienanmen
Contestualizziamo il periodo in cui si svolge l’azione del libro. L’anno è il 1989, tra aprile e giugno, e il luogo è, chiaramente, Pechino.
L’inizio degli avvenimenti che sfoceranno nel cosiddetto “massacro di piazza Tienanmen” del 4 giugno è in realtà molto banale, quasi una sciocchezza. Il classico sassolino che ha dato avvio a una valanga di proporzioni inimmaginabili.
Nell’aprile di quell’anno, infatti, muore per un infarto il segretario generale del Partito Comunista Cinese Hu Yaobang: la protesta ebbe inizio così, semplicemente dal cordoglio nei confronti del politico, popolare tra i riformisti.
Igiorno dei funerali, gli studenti scesero in piazza Tienanmen, chiedendo di incontrare il Primo ministro Li Peng, perché ascoltasse le loro richieste di riforma e di apertura del paese. I media e i leader cinesi ignorarono i giovani, che risposero proclamando prima una protesta generale delle Università, e poi uno sciopero della fame.
Al movimento studentesco piano piano si aggiunse una grandissima quantità di gente di ogni tipo, dagli operai agli intellettuali ai contadini. Se da una parte questo mette in luce quanto il popolo cinese fosse unito dal desiderio di ottenere maggiori libertà e diritti, dall’altra fa capire quanto al suo interno questo movimento fosse poco organizzato e diviso.
I media cinesi fecero di tutto per dipingere gli studenti e i loro sostenitori come dei rivoltosi pericolosi per l’ordine sociale. Questo determinò un inasprirsi di posizioni sia da una parte che dall’altra e spianò la strada al terribile epilogo del 4 giugno.
4/6/1989 – il giorno nero
La notte del 3 giugno l’esercito ricevette l’ordine di muovere verso la piazza e di sgomberarla. I soldati incontrarono lungo la strada una resistenza accanita, e per farsi strada aprirono il fuoco, indiscriminatamente.
Mitragliatrici, gas lacrimogeni, carri armati: non risparmiarono alcun mezzo. La folla, composta da comuni cittadini, non aveva né armi né nient’altro che potesse fungere loro da difesa. Fu un massacro. A tutt’oggi il numero di vittime tra morti, feriti e prigionieri rimane incerto. Alle 5:40 del 4 giugno Piazza Tienanmen era stata sgomberata.
Pechino è in coma – la trama
Il racconto si svolge su due piani temporali. Il primo è il presente del protagonista Dai Wei, nonché voce narrante dei fatti. Il giovane si trova in coma, immobilizzato sul suo letto ma in grado di percepire ciò che succede attorno a lui. Dai Wei ha riportato una grave ferita alla testa durante la notte del 4 giugno che lo ha confinato in quello stato di morto vivente. Non gli resta altro da fare se non ripercorrere all’indietro la propria vita.
Ed è questo il secondo piano temporale, il passato del ragazzo. Partendo da un’infanzia già segnata dalla politica dittatoriale della Cina, con il confino del padre nei campi di prigionia in quanto bollato come “destroide”, i ricordi di Dai Wei dispiegano davanti al lettore immagini di un paese anche lui in stato comatoso, incapace di reagire ai soprusi e alle ingiustizie che ogni giorno subisce dalla classe al potere. Paralizzate dalla paura, le persone si muovono in una società che ha dell’allucinante, tradendosi a vicenda pur di apparire degni del Partito e della Repubblica.
Ma non c’è solo politica, anzi. Gli studenti, i compagni, gli amici di Dai Wei sono presenze più che mai vive che il lettore segue trattenendo il respiro. È un’opera magistrale, un affresco incredibile di veridicità e di sentimenti, di politica e di intrecci di vite.
Conclusioni
Si potrebbe continuare a parlare all’infinito di Pechino è in coma, davvero. Offre talmente tanti spunti di riflessione che si potrebbe benissimo scriverci una tesi di laurea. Qui però si parla di libri, quindi ridimensioniamoci. Non fatevi ingannare dalla mole o dall’argomento: è una lettura che chiunque può fare, sul serio. L’autore è stato capace di prendere qualcosa di gigantesco, di sconvolgente, di schiacciante e di renderlo alla portata di tutti. Così che tutti possano leggere, sapere, ricordare.