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Un saggio che non risparmia critiche alla scuola e nel quale si svelano, attraverso lo smantellamento della retorica e dei luoghi comuni, i meccanismi e le logiche autoritarie nascoste e aberranti di questa istituzione e le ragioni per cui è necessario liberarsene. Ma è anche un grande atto d’amore nei confronti della Conoscenza, della vita vissuta all’insegna del vero e libero apprendimento. In queste pagine si attualizzano le analisi svolte da pedagogisti come Ivan Illich, Paul Goodman, John Holt e altri, e si trattano gli aspetti e le dinamiche che maggiormente concorrono a fare della scuola non ciò che essa fa credere di essere, ma una palestra di disciplinamento, dove ogni studente è vittima inconsapevole di un ingranaggio pedagogico che lo trasformerà in un docile schiavo produttivo, prevedibile e facilmente governabile. (dal sito della casa editrice)
La casa editrice
Edizioni Montag è un ottimo esempio di casa editrice NO EAP (avevamo accennato all’argomento qui). Un editore che non fa pagare gli esordienti per pubblicare. Dal mio punto di vista ciò è già un discreto indizio di qualità. Questo libro conferma tale sensazione. È la stessa Montag a descrivere come scopo della sua attività quello di promuovere la letteratura senza preclusione alcuna e aiutare in un primo passo importante. Senza distinzioni di genere letterario.
Cos’è un libro?
Per recensire questo ottimo lavoro di Angelo Giglia parto proprio dalla domanda che lui si fa nel capitolo “I libri”. Perchè il libro ha assunto con il tempo un potere intrinseco e connaturato? Ma soprattutto, considerarlo tale non è già un modo per offuscare l’unica certezza che dovrebbe spingere alla lettura dei libri? Vale a dire il dubbio, lo spirito critico? Credo che sia proprio questo l’approccio, assolutamente anarchico, a cui l’autore ci invita per poter poi affrontare tutti gli straniamenti rispetto a ciò che siamo istruiti a pensare.
Nessun bambino dovrebbe mai varcare le soglie di una scuola!
Perché dobbiamo abolire la scuola
Il libro, dopo un fondamentale breviario etimologico, il quale funge da silenzioso Virgilio in questa risalita che dalle viscere della coscienza ci porta alle maschere culturali della conoscenza, si apre con l’esclamazione di cui sopra. Il saggio va oltre il titolo e non analizza solo i motivi per i quali sarebbe utile, necessario e urgente “abolire la scuola”. Bensì fornisce una costante sensazione di deja-vu rispetto alla percezione del singolo lettore nel rapporto con la scuola e la società. A maggior ragione se i lettori sono anche genitori e spesso si ritrovano, a prescindere dagli sforzi, quasi inconsapevolmente a riproporre le tare apprese dal sistema attraverso il braccio armato scolastico.
Perché non abolirla?
Giglia ha il grande merito di dimostrare la pochezza contenutistica di tutte le argomentazioni che da sempre vengono portate a sostegno della necessità e importanza della scuola. Spiega inoltre come l’autopoiesi della scuola ha contribuito alla sua mitizzazione e ineluttabilità, e come la stessa sia stata ed è tuttora presentata a beneficio delle masse quando è viceversa solo funzionale al potere. Molto interessante la convergenza oppressiva tra scuola e chiesa. Entrambi i sistemi si reggono su un mito, entrambi producono la loro religione e i loro adepti e così fino ai secoli dei secoli, o almeno finchè il mercato avrà bisogno di ubbidienti mezzi di produzione istruiti a rinunciare al proprio desiderio di umanità per abbracciare le nefandezze del sistema oppressivo.
Ciò che viene sperimentato nelle scuole è l’afflizione, è l’adattamento al martirio (oggi la chiamano “resilienza”), lo stesso martirio a cui, da adulti, verranno sottoposti sul luogo di lavoro.
Esseri umani o soggetti tassonomici?
Quindi libro consigliatissimo e assolutamente da divulgare soprattutto negli ambiti controculturali in cui si dovrebbe avere il coraggio di mettere in discussione l’indiscutibile. Dubitare delle convinzioni più radicate è il percorso unico per camminare nei meandri della stessa ontologia dell’essere. E non è forse questo un modo per uscire dalla tassonomia dentro cui siamo categorizzati in base alla nostra presunta utilità al sistema? Molto interessante e da approfondire, a tal proposito, il ripetuto richiamo al Liber de Sapiente.
Descolarizzare la società è essenziale per scuotere l’abitudine corruttiva a cui ci sottoponiamo in quanto servi volontari – per richiamare De La Boétie – e ci spinge a trovare altre strade. E quando durante la lettura vi soprenderete a pensare a “come potrebbe essere il mondo senza scuola” vi suggerisco di spostare il centro del pensiero. La salvezza non è in una scuola diversa ma in una diversa concezione dei rapporti umani.
Grazie Daniele per questa recensione. Sono alle prese con la lettura, di quel genio di Illich “Descolarizzare la società “. Proseguirò sicuramente con con il testo di Giglia.
Silvia