Un poeta dovrebbe esplicitare la sua poetica: può sembrare banale, ma non diamo niente per scontato. Oggi inoltre la poetica spesso viene più considerata della poesia, perché viene ritenuta la struttura portante delle opere di un autore. E quale modo migliore per spiegare agli altri la visione del mondo che scrivere articoli, recensioni, aforismi, prose, saggi brevi? È l’unico modo completo sia per dimostrare la propria capacità di scrittura e la propria versatilità che per esprimere in maniera articolata il pensiero. Spiegare la poetica in un’intervista può essere limitante e limitativo, insomma troppo riduttivo. Sono poche parole che spesso non sono sufficienti o addirittura che talvolta si rivelano inadeguate. Poi scrivere articoli, saggi, prose è anche l’opportunità di mostrare il costante work in progress, di aprire il cantiere, di rivelare tutta l’evoluzione del pensiero. È anche un’opportunità di rivedere certe cose, di correggersi. Probabilmente è meglio esprimere le varie sfaccettature del proprio pensiero con le sue evoluzioni. Perché perimetrare, confinare la creatività quando può essere sconfinata e spaziare in ogni campo? Scrivere di tutto è la possibilità di liberarsi, ma anche di conoscersi meglio. Un poeta è meglio che scriva non solo versi ma anche altro. È la dimostrazione oggettiva in questi casi che sa fare anche altro, che conosce ogni forma di espressività, che ha vari registri linguistici, che non è un verseggiatore preso e messo lì. È un modo per essere più completi. La scrittura di altre cose corroborerà quindi i versi. Non solo ma la scrittura di altre cose servirà a mettere alla prova il poeta. Il poeta che si cimenterà in altro verrà esaminato nuovamente e al contempo potrà offrire chiarimenti e delucidazioni. Nei versi non c’è talvolta spazio per spiegare. Per chiarire certi aspetti di sé stessi, per essere lucidi e razionali quasi totalmente, ma anche per dimostrare la propria intellettualità ci vogliono scritti più lunghi: ci vogliono cose di ampio respiro. Un poeta è un centometrista, ma deve anche allenarsi a correre le maratone. Deve farsi il fiato, dimostrare di avere resistenza. Non solo ma poesia è dono della sintesi, mentre l’attività saggistica ad esempio è frutto anche dell’analisi, soprattutto dell’analisi. Scrivere d’altro, scrivere altro per un poeta è un modo anche per fare luce dentro di sé, per spiegare prima di tutto a sé stesso le ragioni dei suoi versi. Ci sono cose che possono essere dette dettagliatamente solo in prosa e poi anche le stesse cose che si scrivono in poesia, ebbene in prosa possono essere spiegate meglio. Un poeta che si dà alla prosa, ai saggi brevi, alla stesura di articoli interpreta meglio sé stesso, capisce meglio sé stesso. Inoltre questo è il tempo in cui i poeti sono mal visti, poco considerati. Moltissimi si dedicano alla scrittura di versi. Per molti scrivere versi è considerato un esercizio facile. Molto spesso i versi non interessano alla stragrande maggioranza delle persone, perfino dei cosiddetti lettori forti. Quindi un poeta è più considerato, più stimato sé scrive anche altro oltre ai versi. Il critico Alfonso Berardinelli in “Poesia non poesia” scrive che oggi tutti sono poeti, che c’è molta faciloneria e sciatteria nello scrivere poesia, che la vera sfida per un poeta che si rispetti è data ad esempio dall’attività giornalistica, perché le regole che governano il giornalismo sono ormai più complesse della scrittura in versi. Ma la sfida potrebbe essere estesa anche all’attività saggistica, aforistica, alla prosa. Certamente ci sono poeti che non possono scrivere altro perché non ne hanno il tempo materiale, avendo un lavoro, avendo una famiglia e non dedicandosi a tempo pieno alla scrittura. C’è anche chi dice che non si può fare tutto, che bisogna scegliersi un genere e dedicarsi totalmente a esso, che a volte cercando di fare tutto si finisce per non sapere fare nulla. Ci sono anche poeti che possono affermare: io non voglio spiegarmi, non voglio chiarire, non voglio neanche essere compreso. Ma ai critici letterari, agli addetti ai lavori è sempre utile la scrittura di altre cose dei poeti, perché può essere propedeutica ai loro versi. Dedicarsi alle varie forme di scrittura è comunque un modo per esercitarsi, per saggiare il proprio talento, per sperimentare nuove soluzioni. Ci sono aspiranti poeti con punte di snobismo ineguagliabili. Per la pubblicazione di un loro libro di versi a pagamento, che non ha destato alcun interesse nella critica, oppure per un premio letterario di nessuna importanza si sentono arrivati, si sentono superiori a prosatori, articolisti, blogger, saggisti, giornalisti, aforisti. Voglio solo dire una cosa a riguardo: con l’enorme diffusione dell’editoria a pagamento anche l’aspirante poeta più sgrammaticato, può pubblicare, pagando anche l’editing della sua opera, mentre per collaborare a un blog letterario multiautore, a una testata giornalistica online ci sono dei criteri più selettivi. Per scrivere su un blog letterario bisogna saper scrivere in un italiano abbastanza corretto: è chiaro che un editor di una grande casa editrice potrebbe apportare modifiche e migliorie agli articoli, ma spesso la sintassi, l’ortografia, la grammatica vengono rispettate. Insomma il prestigio della pubblicazione cartacea non dico che sia totalmente finito, ma bisogna saper distinguere il grano dal loglio: ci sono case editrici che pubblicano ogni cosa (molte) e altre che fanno una scrematura. Infine le statistiche parlano da sole: 6 italiani su 10 non leggono neanche un libro all’anno. Dei restanti 4 pochissimi leggono un libro di poesia contemporanea italiana. La cifra dei lettori di poesia in Italia è irrisoria. Il pubblico è costituito soprattutto da aspiranti o sedicenti poeti; è insomma un pubblico di nicchia. Per tutti questi motivi d’ordine teorico e anche pratico (perché darsi alla prosa è più remunerativo) sempre più poeti scrivono molto altro oltre ai loro versi.
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