Sulla presunzione e sull’umiltà di scriventi e scrittori…

Ci sono autori che peccano di presunzione. È una cosa da mettere in conto. Come in tutti gli ambiti anche nella comunità letteraria esistono i presuntuosi. A volte l’amor proprio, il narcisismo, l’orgoglio eccedono e diventano immodestia.  È difficile, tra l’altro, trovare l’equilibrio tra autostima e presunzione. Certamente bisognerebbe credere in quello che si fa, ma non crederci troppo:  l’autoironia è un ottimo antidoto da questo punto di vista. Trovare una linea di demarcazione tra autostima e presunzione naturalmente dipende solo dai risultati effettivi, dalla creatività dimostrata. La presunzione è un’anticipazione di giudizio, anzi un pregiudizio errato e troppo positivo nei confronti di sé stessi. Nella scrittura il parere di persone competenti deve sempre contare più del proprio, mentre in alcuni accade l’esatto contrario con gli esiti che sappiamo. Il parere di una persona competente non è quello  del  sodale di turno né dell’editore a pagamento che ti loda e che ti spenna. Non è inoltre della giuria improvvisata di un premio per nulla importante di un paesino sconosciuto,  magari pure con tassa di iscrizione.  A volte alcuni si autoesaltano per un nonnulla ed ecco che si autoelogiano, si autoincensano, si adagiano sugli allori. Invece ci vuole umiltà nei confronti dei grandi del passato e del presente. Ci vuole umiltà di fronte a un mondo difficile per gli artisti e ormai privo di poesia. Purtroppo non tutti sanno riconoscere l’autorevolezza e la competenza in poesia, in letteratura. Un conto è avere del talento e un altro è presumere di averlo. Alcune volte, e questo può succedere a tutti, si sovrastimano le nostre capacità e si sottostimano quelle altrui, facendosi prendere troppo dall’invidia, dalla vanità e dalla frustrazione. Non sto parlando di pretenziosità, cosa molto opinabile e legittima, dovuta in gran parte dall’aspirazione a cercare di fare meglio e  di più, ma di incapacità a riconoscere i propri limiti. I pretenziosi si pongono grandi obiettivi, grandi mete, che non raggiungeranno mai. Ma non bisogna neanche qui scambiare l’incompiutezza, la mancata realizzazione di un’opera con la presunzione: per scrivere capolavori ci vogliono scrittori e poeti che osano. È difficile comunque ritenere un artista pretenzioso. Spesso ci si basa su un giudizio affrettato e superficiale.  Oh certo bisogna cercare di superare sempre i nostri limiti, di perfezionarsi, di migliorare! Oh certo quali sono davvero i limiti individuali da valutare con certezza? Lo stesso talento è opinabile e non sempre riconoscibile.   Comunque la presunzione va anche scusata perché è un lato del carattere, un tratto della personalità di base. A volte non bisogna confondere la presunzione vera e propria con la crisi maniacale del bipolare o con la crisi ipomaniacale del ciclotimico. La presunzione può anche aiutare, perché porta a andare oltre, a sentire ciò che prima altri non avevano sentito, a scrivere ciò che prima altri non avevano scritto. Bisogna osare, avere coraggio, ma bisognerebbe anche avere i piedi ben saldi a terra. Talvolta la presunzione, nei casi peggiori, è scaturita anche dall’ignoranza, dalla mancata conoscenza della letteratura, che tra l’altro è vastissima, iniziando con Omero e Saffo fino ad  arrivare ai giorni nostri. Un autore che si rispetti dovrebbe almeno essere un lettore accanito, se non onnivoro, e valutare le cose che scrive, confrontandole con i grandi poeti e scrittori del passato e del presente. Talvolta neanche questo basta perché la presunzione è sconfinata e non permette un giudizio obiettivo. A mio avviso per scrivere ci vuole una dose modica di presunzione,  che in taluni talvolta invece è eccessiva, rientrando nell’ambito della patologia. Quanta ipocrisia e falsità però in chi dice che i grandi sono tutti umili e modesti! È una frase fatta, di comodo. È un modo per rendere ancora più presentabili, adorabili, stimabili e nazionalpopolari i vip. Tra i grandi, come in tutti gli ambiti, ci sono persone più o meno presuntuose e questo indipendentemente dal successo ottenuto. Dire che i grandi sono tutti umili è un discorso semplicistico e una generalizzazione alla carlona o per essere ancora più espliciti alla cazzo di cane. L’immodestia, l’intrattabilità, le tare, i difetti e gli eccessi dei grandi vengono taciuti per convenienza,  timore reverenziale, opportunismo. Quanta sincerità disarmante c’era in Edoardo Sanguineti, che si considerava un megalomane da giovane! Alla base di tutto c’è, a ogni modo, che chiunque scrive ci mette dentro tutto sé stesso e la mancata legittimazione culturale per alcuni diventa un attacco alla loro persona, alla loro cultura, al loro talento, alla loro intelligenza, alla loro esperienza di vita. Ma Rimbaud insegna che io è un altro, fino ad arrivare ai giorni nostri secondo cui la scrittura è una forma di intelligenza, un talento circoscritto e specifico e non l’intelligenza generale né il valore complessivo di una persona. Il fatto che una persona sia negata a scrivere non significa che possa avere molte altre qualità intellettive e, viceversa, un grande scrittore può difettare di buon senso e di senso pratico. 

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Nato nel 1972 a Pontedera. Laureato in psicologia. Collaboratore di testate giornalistiche online, blog culturali, riviste letterarie, case editrici. Si muove tra il pensiero libertario di B.Russell, di Chomsky, le idee liberali di Popper ed è per un'etica laica. Soprattutto un libero pensatore indipendente e naturalmente apartitico. All'atto pratico disoccupato.

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