Il Progetto Cafiero nella rivoluzione integrale e conclusioni

Il Progetto Cafiero

Presentazione del Progetto Cafiero

Affinché il lavoro delle fondazioni libertarie possa essere incisivo e realmente efficace, soprattutto nelle fasi iniziali della loro attività è necessario un sistema che supporti le produzioni e i servizi in modo che le fondazioni non subiscano un clamoroso insuccesso a causa dei prezzi concorrenziali di prodotti e servizi simili già presenti sul mercato.

Per assicurarsi che l’attività delle fondazioni abbia successo e registri da subito una crescita in vendite, profitti e di conseguenza in produzione e occupazione di lavoratori, bisogna fare in modo che il prodotto o il servizio fornito dalle fondazioni, non solo sia più genuino, sia rivolto alla costruzione di una società egualitaria e libertaria abolendo il lavoro subordinato e la conseguente accumulazione di ricchezze nelle mani di pochi da una parte e l’impoverimento delle masse dall’altra parte; ma sia anche più conveniente sia per ragioni economiche per che altre ragioni.

La figura di Carlo Cafiero

Carlo Cafiero è stato tra i primi socialisti ad affrontare il problema del lavoro subordinato spiegandolo con semplicità alle masse, e poi a sacrificare la propria vita e i beni di famiglia per cercare di cambiare la condizione economica, lavorativa delle popolazioni.

A lui va intitolato questo progetto in quanto fonte di ispirazione e modello di una ricerca costante e incessante di una logica egualitaria e libertaria applicabile. Ai nostri tempi è sicuramente utile un sistema informatico complesso e strutturato che permetta a chi lo utilizza di ricevere agevolazioni nella scelta di questo sistema e nel consumo dei prodotti delle fondazioni.

Moneta complementare e circuito

Una parte del sistema informatico è costituito da una moneta complementare sociale virtuale per facilitare l’accesso ai prodotti e ai servizi. Quello che si va creando è un circuito di produttori, distributori e consumatori. Non bisogna confondere la moneta sociale con alcune di quelle monete complementari che ora vanno tanto di moda, lanciate da società private o agenzie di comunicazione, il cui scopo è solo quello di generare business per le imprese.

La moneta sociale

La moneta sociale parte dal bisogno della gente di aumentare il proprio potere di acquisto.
La moneta complementare sociale serve ad avere accesso ai prodotti e servizi del circuito utilizzando, negli acquisti, in parte moneta reale ed in parte moneta complementare virtuale.
In tal modo si riduce l’uso di moneta reale, e prodotti e servizi del circuito hanno un prezzo inferiore. La moneta complementare virtuale, quindi, aiuta ad accedere al consumo del circuito riducendo i costi reali dei beni e rendendoli più competitivi.

Così è più facile che la gente preferisca i prodotti del circuito perché, spesso, per quanto si possa essere animati da buoni propositi, ci si trova a scontrarsi con le difficoltà reali e con la scarsa disponibilità di denaro.
La moneta sociale diventa anche un’unità di misura per baratto di oggetti o di prestazioni lavorative e può essere riutilizzata per acquisti.

Piattaforma web

Di pari passo alla moneta complementare si sviluppa una piattaforma web dentro cui vengono indicizzate le attività che fanno parte del circuito: dai produttori, ai commercianti e distributori. Queste attività vengono valutate da una commissione di volontari del movimento su dei parametri specifici. Le valutazioni servono a definire quali sono le “Attività ideali”, ovvero quelle che, nel sistema a cui vorremmo giungere, hanno una organizzazione orizzontale e lavorano per una redistribuzione delle ricchezze. Le aziende che rispondono positivamente ai criteri vengono definite “Attività ideali”, come se fosse un certificato, e giudicate con valore numerico massimo su base centesimale.

I criteri principali per la valutazione delle aziende sono:

1) Il Lavoro.

Come è organizzato il lavoro nell’azienda? Gli operai sono subordinati alla figura di un imprenditore? In questo caso il valore attribuito sarà basso. Quanti più operai lavoreranno nell’azienda, più sarà basso il valore attribuito perché maggiore sarà la capacità dell’azienda di accumulare profitti e di concentrarli nella figura imprenditoriale. Se c’è lavoro subordinato ma gli operai appartengono allo stesso nucleo familiare dell’imprenditore e non ci sono altri operai al di fuori della famiglia, il valore attribuito sarà intermedio perché trattasi di un’azienda a conduzione familiare e la ricchezza generata resta delle disponibilità della famiglia cui appartengono gli stessi operai.

Nel caso di attività individuale di cooperativa il valore attribuito sarà massimo perché la ricchezza generata sarà divisa tra tutti gli operai nel caso di cooperativa oppure trattenuta dal singolo nel caso di attività individuale che però non utilizzando lavoro altrui per aumentare gli incassi, e basandosi sul lavoro di una sola persona avrà comunque una capacità limitata di produrre e accumulare ricchezza.

2) Le Forniture.

Con questo criterio si valuta l’origine delle materie prima utilizzate in una determinata azienda e il valore attribuito all’azienda fornitrice. Se stiamo valutando una pizzeria dobbiamo identificare le aziende che forniscono farina, salsa, latticini, verdure e ortaggi. Se queste fanno parte del circuito ed hanno un valore massimo allora sul criterio “Forniture” alla pizzeria daremo un valore massimo. Se le aziende fornitrici non fanno parte del circuito il valore sarà minimo.

Questo criterio rappresenta un incentivo per le aziende a rifornirsi di materie prime da altri produttori interni al circuito. In questa maniera si può chiudere il ciclo della filiera coinvolgendo coltivatori di grano, creando un’azienda-cooperativa che macini il grano dei produttori coinvolti e che confezioni la farina. La farina viene distribuita tra panificatori, pizzerie e pastifici che hanno interesse a far parte del circuito perché riceverebbero una buona valutazione e i consumatori sono incentivati a scegliere loro per motivi che affronteremo in seguito.

3) Il Km0.

L’ultimo tra i criteri di valutazione principali è il Km0, se nel circuito ci sono produttori di farina in Puglia e in Lazio, sarebbe cosa buona che le pizzerie ubicate nel territorio laziale si riforniscano dai produttori laziali. Se, per ipotesi, tutte le pizzerie italiane si rifornissero dai produttori pugliesi di farina, ci sarebbero enormi instabilità e derive perché si disincentiverebbe la produzione locale, la biodiversità di varietà diverse e locali di grano, tutte ugualmente antiche e preziose, si concentrerebbe il potere produttivo ed economico in pochi produttori che potrebbero monopolizzare la produzione e controllare i prezzi.

A questo criterio, quindi si attribuisce valore positivo massimo quando la scelta delle materie prime è locale. Decisi questi criteri principali, ad ogni azienda che si propone di entrare nel circuito si attribuisce un valore confrontandosi con chi le gestisce, con chi ci lavora e controllando le materie prime utilizzate. Attribuito il valore, numerico e su base centesimale, l’azienda, che potrebbe non essere completamente soddisfatta del giudizio ricevuto, può chiedere alla commissione di intraprendere un percorso partecipato di trasformazione della stessa azienda.

Per cui l’azienda, per esempio, in cambio di un valore più alto nel criterio “Lavoro”, qualora avesse operai subordinati, potrebbe destinare una parte dei profitti, destinati all’imprenditore, ad una ripartizione tra i dipendenti in modo da aumentare il potere economico degli operai e lavorare, nel piccolo, ad una redistribuzione del potere economico. Attribuiti dei valori alle aziende, si creano classifiche delle aziende, divise per tipologia, in modo che chi fa parte del circuito possa premiare le più virtuose.

Il ruolo della moneta complementare nella piattaforma web

Compreso come può funzionare il sistema di valutazione delle aziende, con un valore numerico in centesimi da attribuire loro e la definizione di “Attività ideale” per quelle aziende che hanno il punteggio massimo in tutti i criteri, passiamo ad analizzare come la moneta complementare virtuale interagisce con sistema di valutazione delle aziende. Innanzitutto una quantità minima di moneta complementare viene concessa subito nel momento in cui si decide di aderire al circuito e viene creato un conto virtuale individuale.

La moneta virtuale

Per far funzionare il sistema serve immettere moneta virtuale nel sistema stesso attraverso alcune modalità: per esempio, alcuni crediti possono essere assegnati periodicamente ai soggetti sociali che fanno parte del movimento e poi ridistribuiti all’interno degli stessi soggetti sociali. Altri crediti possono essere assegnati in occasione dell’organizzazione di eventi con funzione sociale e per la tutela di beni comuni come la pulizia di spiagge o di parchi e/o a quei soggetti e collettivi che svolgono attività di interesse collettivo come le mense sociali autogestite, biblioteche autogestite, occupazioni abitative ecc. e poi ridistribuiti trai singoli che ne fanno parte e che contribuiscono al funzionamento dei progetti.

Altri crediti possono essere assegnati alla commissione che volontariamente si occupa della valutazione delle attività. Altri ancora, possono essere assegnati, invece, in una forma che incentivi il consumo dalle aziende che hanno la valutazione migliore nel circuito, quindi le “Attività ideali”. Vediamo come. Le aziende che fanno parte del circuito accettano di utilizzare la moneta complementare virtuale come forma di pagamento parziale per i propri prodotti. L’azienda definisce la percentuale di moneta complementare che accetta sul prezzo di un prodotto e può scegliere percentuali diverse su prodotti diversi.

Alcuni esempi

Ad esempio una pizzeria può scegliere di accettare il 10% di pagamento in moneta complementare sulle bibite e il 20% sui prodotti da forno. Stabilito questo, una forma di incentivo all’acquisto dalle “Attività ideali” è quella di restituire all’acquirente la quantità di crediti utilizzati nell’acquisto di prodotti da “Attività ideali”.

Se la mia spesa in una pizzeria valutata “Attività ideale” è di 35€ che pago, per esempio, in base alle percentuali stabilite dall’azienda stessa, con 28€ in moneta reale e 7 crediti di moneta complementare virtuale; io cedo i 7 crediti alla pizzeria in cui ho effettuato l’acquisto ma il sistema mi restituisce i crediti utilizzati perché ho scelto di fare gli acquisti in una delle attività valutate ideali e che con il loro lavoro contribuiscono alla redistribuzione della ricchezza e dei poteri.

Incentivi nella scelta delle attività

Nel caso in cui in una determinata tipologia di aziende non dovessero esserci “Attività ideali” il sistema potrebbe restituire solo metà dei crediti a chi fa la spesa dalle attività con la migliore valutazione. In questa maniera si va a creare una sorta di competizione tra le aziende per ottenere una migliore valutazione e accaparrarsi più clienti. Ma le aziende con le migliori valutazioni sono quelle che hanno una organizzazione orizzontale e che ridistribuiscono i profitti, ed aziende che si riforniscono da altre aziende simili. Il sistema produce quindi una concorrenza a diventare “Attività ideali”, una competizione positiva a chi fa più passi avanti nella costruzione di una trasformazione sociale su larga scala. 

Per incentivare all’uso della moneta complementare coloro che aderiscono al circuito si possono creare in linea concreta e al passo con i tempi, applicazioni per i moderni telefoni cellulari in modo che la cessione dei crediti possa essere istantanea nel momento del pagamento durante un acquisto oppure un sistema tramite sms per accettare la cessione dei crediti, per coloro che hanno meno familiarità con i dispositivi elettronici.

Il ruolo delle fondazioni nel Progetto Cafiero

A questo punto bisogna inquadrare il ruolo delle fondazioni all’interno di questo sistema. Le fondazioni devono avviare quelle tipologie di aziende che nel mercato non hanno una forma ideale e sostenibile, che sappiamo con certezza non potranno mai avviare un percorso per trasformarsi in attività ideali. Si tratta per lo più di grandi aziende che trasformano in maniera industriale prodotti agricoli e li inseriscono nel mercato della grande distribuzione.

Quindi sempre in una prospettiva concreta, ad esempio è compito delle fondazioni cercare i migliori produttori agricoli di pomodori in una determinata zona e creare un’azienda che li trasformi in salsa in modo da avere un prodotto da inserire nel sistema che si va creando. Un processo simile può essere avviato assieme ai produttori di grano in modo da avere farina confezionata da inserire nel circuito. Le aziende che le fondazioni creeranno saranno a gestione collettiva.

Attività a conduzione familiare

Tuttavia esistono già numerose attività che sono a conduzione familiare o forme di società tra fratelli, parenti o soci che cooperano. Si tratta di piccole botteghe, panetterie, minimarket, fruttivendoli, pasticcerie, bar ecc. Questo tipo di attività non è necessario acquisirle, andrebbero solo coinvolte dato che è loro interesse farne parte in un sistema sociale autogestionario e libertario, esse dopotutto hanno già al loro interno un’organizzazione del lavoro che noi vorremmo portare in tutto il mondo del lavoro ed in ultima analisi, da questo tipo di circuito potrebbero solo trarvi beneficio.

Conclusioni

Quella che si va delineando in questo testo è una proposta. Una proposta su cui innanzitutto riflettere e discutere. Una proposta da cui partire per la tessitura di reti funzionali alla costruzione di un percorso collettivo, partecipato di emancipazione. Una proposta, a dire il vero, neanche tanto originale. Ma una proposta. Pratica, reale, percorribile, già percorsa altrove. Una proposta modificabile, da modellare sulle esigenze dei territori e dei movimenti che vi operano.

Assemblee cittadine


Cio da cui bisogna partire sono le realtà locali, delle città. Costruire assemblee cittadine con tutte le realtà e le individualità che condividono l’idea di praticare autogestione, in maniera collettiva, senza autorità e senza autoritarismi, senza discriminazione alcuna.

Mantenere l’assemblea pubblica per la discussione di tematiche riguardanti la città avviando un percorso che porti l’assemblea a decidere linee guida o una carte dei beni comuni che vanno imposte alle amministrazioni per far valere il potere popolare su quello istituzionale. In questa Carta, per esempio, si può proporre una moratoria sul consumo di suolo per fermare altre concessioni per le imprese edili che sottraggono territorio che magari un tempo era destinato alla coltivazione per la costruzione di nuove case. Ma in questa carta si possono definire collettivamente una serie di principi, di tutele delle risorse del territorio da valorizzare per creare lavoro collettivo, non salariato.

Gruppi di lavoro


Mentre l’assemblea autogestionaria lavora su ambiti generali, gruppi di lavoro possono affrontare e cercare di risolvere questioni economiche, abitative, educativa, legate alla salute, tecnologiche e scientifiche, proponendo progetti di microfinanziamento collettivo e di supporto alla auto-occupazione, progetti che si discostino dal sistema educativo imperante attraverso modelli di educazione libertaria e autogestita.

Potrebbe proporre progetti che favoriscano l’occupazione di immobili abbandonati ad uso abitativo, la cessione di immobili tra privati, il ripopolamento rurale; progetti per la nascita di mercatini autogestiti, spacci popolari, l’uso di una moneta sociale che favorisca un’economia comunitaria, l’apertura di laboratori per la trasformazione delle materie prime agricole. Ed ancora progetti per lo studio e la costruzione di utensili, macchinari per l’agricoltura (per falciare, decorticare cereali, arare ecc.) e l’artigianato, a partire da oggetti recuperati, a basso costo e competitivi con i macchinari industriali che sono accessibili solo a grandi proprietari o attraverso mutui.

La rete regionale


Questo è ciò che si può fare localmente, nelle città. Ma ciò che si costruisce localmente deve essere il nodo di una rete più ampia, regionale che deve essere capace di mettere in comunicazione le realtà locali. Così ciò che si produce in una realtà locale, sia come prodotto agricolo o artigianale, sia come pratiche, riflessioni, intenti, può tornare utile alla realizzazione dei progetti di un altro territorio della stessa regione.


La rete regionale deve essere capace anche di trovare espedienti legali per evitare il pignoramento di abitazioni, locali o terreni perfino attraverso la costituzione di associazioni o cooperative che prendano in gestione questi immobili per strapparli all’acquisizione di banche o altri poteri forti privati.


Di pari passo bisogna mettere in piedi iniziative, dibattiti, conferenze per spiegare cosa si sta facendo e far crescere questo movimento tenendo a mente che ogni progetto realizzato non è la fine di un percorso, la realizzazione completa di un’ideale ma solo un passo in più, in avanti di un processo più amplio, complessivo per costruire l’autogestione lavorativa e l’autogoverno delle città.

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