Nell’ultimo periodo sta venendo fuori il paradosso democratico europeo. E’ sempre più evidente che l’Unione Europea non risponde più a certi parametri democratici e non prosegue il suo percorso verso una maggiore partecipazione democratica che è la partecipazione dei popoli ai poteri. Invece, l’Europa si chiude sempre più in piccole stanze chiuse in cui si decidono segretamente le sorti dell’economia, dell’agricoltura dei vari territori che fanno parte di questo continente.
E’ il caso, per esempio, del TTIP – il trattato economico di libero scambio tra Stati Uniti ed Europa – scritto segretamente per favorire le multinazionali nord-americane che attualmente hanno grandi limiti nell’esportazione dei propri prodotti in Europa a causa delle leggi europee. Se il trattato dovesse essere approvato, intere economie locali sarebbero a rischio.
E’ il caso dell'”affaire” xylella, gestito malissimo dalle istituzioni europee e che ha portato i cugini francesi a bloccare le importazioni dalla Puglia. Un vero e proprio embargo basato su illazioni. Ricerche serie sulla xylella devono ancora fare il loro corso e ad ora il riconoscimento dei casi di malattia avviene a vista senza esami di laboratorio.
Ma questa Europa non è solo succube delle multinazionali. Asseconda gli Stati Uniti nelle sue pretestuose beghe internazionali; e per boicottare la Russia, colpevole di aver occupato la Crimea, che comunque aveva espresso la sua volontà di annettersi al gigante eurasiatico, progetta la costruzione di un gasdotto che ci alimenterà energeticamente con fossili provenienti dall’Azerbaijan. Il TAP approderà in Salento, già colpito non a caso dalla xylella, un territorio la cui economia si basa sul turismo e l’agricoltura. Nulla importa per l’Europa se i salentini non vogliono il gasdotto o se i sindaci si rifiutano di farlo passare sul territorio dei propri comuni. Che la xylella sia l’apripista per l’eradicazione degli ulivi già preventivata per la realizzazione del gasdotto?
E che dire del sì del governo Renzi alla ricerca di fonti fossili nell’Adriatico e nello Ionio? Si inquadra certamente nelle politiche liberiste europee tutte a favore delle multinazionali che vogliono speculare devastando le nostre risorse ambientali, l’ultima nostra ricchezza.
Capitolo a parte è, invece, la xenofobia dimostrata dalla Francia socialista che ha bloccato le frontiere ai migranti provenienti dall’Italia. Xenofobia condivisa dagli altri paesi europei che si rifiutano di contribuire al dramma migratorio seppure quella della spartizione dei poveracci sembra una divisione della torta degli appalti per la loro accoglienza che ricorda il recente scandalo di “mafia capitale”.
Alla Grecia non possiamo che augurare di uscire dai vari trattati europei e di tornare all’autogoverno tenendo fuori dai propri confini, e dall’influenza sulle decisioni politiche, le multinazionali e le banche che trovano ideale avere un solo interlocutore legislativo europeo per avere carta bianca per i propri affari sull’intero continente.
Questa Europa non solo non tiene conto delle volontà dei popoli che la compongono, delle esigenze dei vari territori diversi geograficamente, economicamente e culturalmente; ma si preoccupa solo dei grandi potentati economici come se per il governo di un grande continente bastasse affidarsi a poche grandi corporation.
Ma è proprio questo il punto: una unione di stati ha senso se al vantaggio dell’abbattimento delle frontiere corrispondesse una maggiore partecipazione dei territori alla vita politica e decisionale dell’Europa. Insomma i poteri devono spostarsi verso le periferie del continente per conservare e far crescere la pluralità di ricchezza e di risorse da condividere.
Questa Europa centralizzata e asservita sembra invece assomigliare più a un grande stato continentale e dittatoriale retto da una oligarchia economica. E se le cose non dovessero cambiare, dovremmo auspicarci che il nuovo leitmotiv mediatico, dopo quello del grexit diventi exitaly.