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Jean Nicolas Arthur Rimbaud dal punto di vista biografico ha tutte le carte in regola per essere un poeta maledetto1. Fu educato in provincia, presso Charleville, nelle Ardenne, in una famiglia molto agiata, nel più rigido perbenismo e nell’osservanza religiosa. Conclusa l’adolescenza egli fuggì da tutto ciò e si diede all’alcol e alla vita sregolata, legandosi con Paul Verlaine2 in un rapporto amoroso omosessuale. Per sopravvivere, il ragazzo, fece i lavori più disparati, dal marinaio allo scaricatore, dal maestro al volontario nell’esercito olandese. Tra i 17 e i 20 anni scrive quasi tutti i suoi componimenti, che poi si riveleranno fondamentali per la storia della poesia contemporanea. A 21 anni molla tutto e scappa in Africa, si ammala, gli viene amputata una gamba e muore a soli 37 come un nulla tenente3.
Rimbaud e la poesia
Rimbaud, per onestà intellettuale, è da considerare, senza tanti giri di parole, il più grande poeta contemporaneo francese. Artisticamente la vicenda di Rimbaud si intreccia a quella di Verlaine. Quest’ultimo con le sue formulazioni teoriche, ha portato avanti una ricerca esistenziale e poetica che origina da Baudelaire4. Ma Rimbaud, come aveva fatto Novalis per il romanticismo e Campana per la poesia italiana, crea una frattura con la tradizione maledettista francese, con lui la poesia riparte da zero.
La prova di ciò risiede nel fatto che egli dagli avanguardisti venne visto come un caposcuola, un riformatore, a lui essi si rifaranno e non a Verlaine. La sua poetica è un attacco frontale al conformismo e alla mediocrità piccolo borghese, ma allo stesso tempo si caratterizza per una ricerca esistenziale personale.
È influenzato dalla Comune di Parigi e dai nuovi spiriti rivoluzionari che ricominciano a circolare e animare la città. Rimbaud riprende, con un vero e proprio accanimento, motivi anticlericali e giacobini, ma li rivolge contro la nuova borghesia, mediocre, insulsa e sempre più insignificante. A tutta questa critica classista si accompagna sempre una costante ricerca esistenzialista, come anticipato anche in precedenza.
Il Male
Mentre gli sputi rossi della mitraglia
sibilano senza posa nel cielo blu infinito;
scarlatti o verdi, accanto al re che li schernisce
crollano i battaglioni in massa in mezzo al fuoco,
mentre un’orrenda follia, una poltiglia
fumante fa di centomila uomini,
– Poveri morti! Nell’estate, nell’erba e nella gioia
tua, o natura! tu che santamente li creasti!
– C’è un dio che ride sulle tovaglie di damasco
degli altari, nell’incenso e nei grandi calici d’oro,
che s’addormenta cullato dagli Osanna,
– e si risveglia, quando madri chine
sulla loro angoscia, piangendo sotto i vecchi cappelli neri
gli danno un soldo legato nel loro fazzoletto.
La presenza costante del male, a volte interiore, altre esteriore, accompagnerà sempre la poesia di Rimbaud, un po’ come quella di Novalis, ma mentre quest’ultimo trova la salvezza nella fede, il “fanciullo francese” è condannato ad una eterna dannazione, senza speranza. Gli uomini, secondo Rimbaud, non sono in grado di non auto lesionarsi.
Sognato per l’inverno (1870)
D’inverno, ce ne andremo in un piccolo vagone rosa con i cuscini blu. Staremo bene. Un nido di pazzi baci riposa in qualche soffice angolo. Tu chiuderai gli occhi, per non vedere, dai vetri ghignare le ombre delle sere, queste arcigne mostruosità, plebaglie di neri démoni e neri lupi. Poi sentirai la guancia scalfita… Un piccolo bacio, come un ragno folle, ti correrà per il collo… E tu mi dirai: «Cerca!» inclinando la testa, e perderemo tempo a cercare quella bestia – che così tanto viaggia…
La salvezza in Rimbaud, come in Campana, risiede solo nella fuga, nel cambiar luogo, come vagabondi erranti nella nebbia. La loro vita fu infatti caratterizzata da un continuo vagabondaggio, in cerca di una pace per loro inafferrabile.
Note
- L’espressione fu coniata da Verlaine in una raccolta di saggi del 1884 intitolata I poeti maledetti.
- A. Buisine, Verlaine. Histoire d’un corps, Tallandier, coll. «Figures de proue», 1995.
- E. Ria, Il ragazzo dalla faccia pulita. Saggio su Rimbaud, Catania, Villaggio Maori edizioni, 2014, pp. 7-21.
- G. Macchia, Baudelaire, Milano, Rizzoli, 1975, pp. 55-56.