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Si può fare politica e protestare in mille modi, io canto
Rosa Balistreri (Licata, 21 marzo 1927– Palermo, 20 settembre 1990)
Rosa Balistreri, cantautrice che si definiva una cuntastorie e un'”attivista che fa comizi con la chitarra” è una donna coraggiosa, dalla voce espressiva, che ha saputo autodeterminare il proprio destino, affrancandosi da una vita drammatica e violenta.
La tradizione e la protesta
Nasce nel cuore arido dell’entroterra siciliano in provincia di Agrigento, da una famiglia povera e numerosa. È considerata la prima cantautrice siciliana; accompagnata dalla sua chitarra porta la voce e le storie della gente nelle piazze, unendo la musica popolare al canto di protesta e di denuncia sociale: profondamente legata al repertorio arcaico, recupera infatti canti della tradizione siciliana (filastrocche, ninnananne, canti di lavoro come Guarda chi vita fa lu zappaturi, Cantu di pesca) e compone canzoni a partire dal proprio vissuto personale. La sua ispirazione è ciò che vede con i propri occhi e che traduce in musica. Il canto di Rosa è fortemente politico, canta di emancipazione femminile e uguaglianza, canta d’amore, si schiera contro la mafia e la prepotenza sempre dalla parte degli umili e dei lavoratori e lavoratrici.
La sua vita potrebbe essere la trama di un film senza autore, come recita il titolo di un bellissimo documentario si Raistoria di Marta La Licata e Fedora Sasso del 2017, che racconta attraverso documenti inediti, interviste, la biografia di questa donna anticonformista.
https://www.raiplay.it/video/2017/11/Italiani-con-Paolo-Mieli—Rosa-Balistreri-un-film-senza-autore-e5926473-86b3-4910-9161-d685910c1fa0.html
L’infanzia a Licata
Figlia di un falegname e una casalinga, Rosa cresce a Licata in ambiente rurale dove ci si alza presto e si lavora nei campi, svegliandosi al mattino all’alba e spaccandosi la schiena sotto il sole. Non va a scuola, e aiuta i genitori anche nelle faccende domestiche e con i fratelli e sorelle. In un’intervista ricorda di quando raccoglieva lumache, fichi d’india e capperi e di quando salava le sardine per conservarle.
Il matrimonio combinato e il carcere
A sedici anni viene data in sposa a Gioacchino Torregrossa, un uomo violento, alcolizzato e dedito al gioco d’azzardo, che la picchia fino a farle perdere il primo figlio, e con cui concepisce successivamente una figlia di nome Angela. Scoperto che il marito aveva perso al gioco il corredo della figlia, Rosa tenta di ucciderlo con una lima e si costituisce alla polizia. Sconta sei mesi di galera e svolge numerosi lavori per mantenere la famiglia. Qualche tempo dopo è a servizio presso una famiglia nobile di Palermo che, però, l’accusa di furto. Finisce nuovamente in carcere.
La fuga a Firenze e altri drammi
Lavora in una chiesa come sacrestana, ma, in seguito a dei problemi con il prete che tenta di molestarla, decide di fuggire a Firenze con una delle due sorelle e la madre con cui inizia a vendere frutta e verdura al mercato. Altre tragedie sono dietro l’angolo, infatti la sorella Maria è vittima di un femminicidio: viene uccisa dal marito. Poco tempo dopo il padre di Rosa si impicca. L’esistenza di Rosa Balistreri sembra non avere pace ed essere segnata dal tormento, cosa che si percepisce nelle sue canzoni e nella voce che riemerge dalla vita come un urlo ancestrale.
Il canto come rivalsa e salvezza
A Firenze, però, qualcosa di muove, Rosa instaura una relazione con Manfredi Lombardi, entra in contatto con intellettuali e musicisti, e partecipa nel 1966 allo spettacolo Ci ragiono e canto, con Dario Fo, Giovanna Daffini, Giovanna Marini e altr* artist* di rilievo. La sua presenza scenica e la forza vocale impressionano il pubblico. Iniziano le collaborazioni e incide i primi dischi.
Mafia e Parrini
Entrata in contatto con Ignazio Buttitta, canta un suo testo, La mafia e li parrini, un brano in cui narra la connivenza in Sicilia di mafia e chiesa ”si déttiru la manu”, si diedero la mano, un brano di forte denuncia insieme ad altri come La Sicilia avi un patruni, Storia per la morte di Lorenzo Panepinto, La ballata del prefetto Mori, Lamentu pi la morti di Turiddu Carvevali.
Il ritorno in Sicilia
Negli anni Settanta torna in Sicilia, nella sua adorata Palermo, è una cantautrice riconosciuta e famosa, diventa amica di Renato Guttuso e Leonardo Sciascia, gira per le piazze delle città della sua isola e reinterpreta anche brani del repertorio religioso, come La notti di Natali.
Un canto, un grido
Sempre ricordando la sua gente, il mare e la terra da cui proviene, attinge le parole dalla cultura popolare per coniugarla con una visione dell’attualità, e il suo canto diventa un grido contro gli abusi e la prepotenza. Le parole delle sue canzoni sono spesso ironiche, si muovono tra commedia e dramma.
Colpita da un ictus mentre canta Mi votu e mi rivotu durante una tournée in Calabria, muore pochi giorni dopo nell’ospedale Villa Sofia a Palermo. L’eredità musicale e umana che lascia è immensa, le sue canzoni sono tutt’oggi reinterpretate e ricordate, la sua persona generosa e la voce inconfondibile sono indelebili e hanno ancora tanto da dirci: “Voi capirete Rosa Balistreri quando sarò morta, ma quando sarò viva mai… perché protesto, ho ragione di protestare, e chi mi capisce, capirà”.
Rosa Canta e cunta
“Il mio canto è un discorso, il mio canto è una preghiera, il mio canto è una protesta, il mio canto è un amore verso di te e verso di tutta la mia gente”
Con il suo canto, accompagnato dalla chitarra, Rosa ha manifestato tutta la sua passione per la vita e la tenacia contro ogni forma di sopraffazione. La sua voce porta un senso di urgenza, come se le sue corde vocali possano liberare ciò che si vuole dire e creare.
In un’intervista racconta che il suo canto è nato “grazie alla mia povertà, alla mia miseria, alla mia fame, alla mia disperazione e alla mia emarginazione sia come donna, sia come essere umano e sia come tantissime altre cose!”
Il canto è per Rosa Balistreri la sua salvezza e un grido contro le ingiustizie, attraverserà esperienze drammatiche e dure, è il fuoco del vulcano, tra mare e terra che anima la sua poetica.
“Cantu e cuntu, cuntu e cantu
Pi nun perdiri lu cuntu”
dicono le parole di una delle sue più belle canzoni, Rosa canta per non perdere il conto della vita, tiene il conto con le dita della mano, racconta la miseria, la fame, con la sua voce struggente e dolce insieme.
Rosa nelle parole di Ignazio Buttitta
“La voce di Rosa, il suo canto strozzato, drammatico, angosciato, pareva che venisse dalla terra arsa della Sicilia. Ho avuto l’impressione di averla conosciuta sempre, di averla vista nascere e sentita per tutta la vita: bambina, scalza, povera, donna, madre, perché Rosa Balistreri è un personaggio favoloso, direi un dramma, un romanzo, un film senza volto”.
In questo bellissimo documento racconta del loro incontro a Firenze.
Impara a leggere e scrivere molto tardi, in un’intervista dice: “Ho imparato a leggere a trentadue anni. Dall’età di sedici anni vivo da sola. Ho fatto molti mestieri faticosi per dare da mangiare a mia figlia. Conosco il mondo e le sue ingiustizie meglio di qualunque laureato. E sono certa che prima o poi anche i poveri, gli indifesi, gli onesti avranno un po’ di pace terrena.”
Nel 1973 il brano Terra ca nun senti viene escluso dal Festival di Sanremo per i temi trattati.
Negli anni Settanta, canta della pillola anticoncezionale, A pinnula, una canzone ironica ed estremamente moderna in cui racconta dell’emancipazione della donna attraverso una “prudigiusa pinnula sia biniditta tutta”.
‘nvintarunu na pinnula ca si pigghia ogni misi. sta prudigiusa pinnula sia biniditta tutta … Allegri, tutti fimmini, vinni la cuntintizza approfittatavinni, mentri che c’è sosizza si diggirisci subbitu, a panza nun s’abbutta sta prudigiusa pinnula sia biniditta tutta"
L’eredità di Rosa nelle cantautrici contemporanee
Definita da Carmen Consoli la Janis Joplin italiana, Rosa è stata ricordata e celebrata da artiste e documenti. Carmen Consoli, “la cantantessa” spesso ha interpretato Cu ti lu dissi nei suoi concerti e ha anche dedicato il brano “A finestra” , scritto in dialetto siciliano, a Rosa.
Nel 2008 si è tenuto il concerto Terra ca nun senti in omaggio a Rosa Balistreri al festival Etnafest in cui moltissime artiste hanno omaggiato la grande cantautrice siciliana: Carmen Consoli, Nada, Marina Rei, Faraualla, Etta Scollo, Ornella Vanoni, Tosca, Paola Turci, Emma Dante,…
Cristiana Verardo e Enza Pagliara portano in giro lo spettacolo “Rrosa. Canti e storie di Rosa Balistreri”.
Anche Etta Scollo canta e ripropone il repertorio di Rosa Balistreri
Sarebbe lungo fare l’elenco di tutte le canzoni che ha cantato, il mio invito oggi è di far rivivere Rosa attraverso i suoi brani, cercarli e sentire cosa ha ancora da dirci. Buon ascolto!
grandissima creatura della Magna Grecia,ma non certo quella dei grandi geni antichi,ma figlia del silenzio in cui affondò nei secoli la grande terra della Sicilia,subendo continue invasioni per lo più brutali e tanto diverse tra loro…Rosa nella sua pur breve vita,ha attraversato anche lei le tante trasformazioni,subendo tanta povertà e sopraffazione,è cresciuta nella privazione e nell’accettazione per quello che la gente era abituata….ma lei con il tempo si trovò diversa,capace poi di guardarsi intorno e di non voler più subire quello che sembrava essere un destino inesorabile affascinata come era dai”cantastorie” che non solo ridisegnavano tratti simili alla sua vita,ma lo facevano cantando… e quelle nenie devono essere entrate nel suo cervello come quella scuola che mai le insegnò a scrivere ed in lei crebbe quello spirito ribelle che le donò la forza di fuggire e poi di poter vivere il grande miracolo della comprensione umana che lei tradusse e trasformò in tanti canti appassionati e disperati