di Riccardo Renzi1
Abstract: Il presente lavoro intende esaminare le varie tipologie di rune ponendo particolare attenzione a quelle rinvenute nella zona siberiana, che per numero supera i 300 esemplari, andando ad individuare il tipo di parentela tra queste ultime e quelle della tipologia alfabetica “fuþ(th)ark”.
Abstract: This work intends to examine the various types of runes paying particular attention to those found in the Siberian area, which number exceeds 300 specimens, identifying the type of relationship between the latter and those of the alphabetic type “fuþ(th)ark” .
Keywords: Siberia, rune, fuþark, Yenisei
Introduzione generale sull’alfabeto runico
L’alfabeto runico, denominato anche “fuþ(th)ark”, dalla sequenza dei primi 6 segni che lo compongono, era utilizzato dalle antiche popolazioni germaniche orientali, occidentali e settentrionali. Tale alfabeto originerebbe da una delle cinque varietà di alfabeto italico2. L’antico alfabeto si componeva dei seguenti segni:
ᚠ ᛫ ᚢ ᛫ ᚦ ᛫ ᚫ ᛫ ᚱ ᛫ ᚲ ᛫ ᚷ ᛫ ᚹ ᛫ ᚺ ᛫ ᚾ ᛫ ᛁ ᛫ ᛃ ᛫ ᛇ ᛈ ᛫ ᛉ ᛫ ᛋ ᛫ ᛏ ᛫ ᛒ ᛫ ᛖ ᛫ ᛗ ᛫ ᛚ ᛫ ᛜ ᛫ ᛞ ᛫ ᛟ ᛭
Tali segni avevano il seguente valore fonetico3:
- ᚠ = f;
- ᚢ = u;
- ᚦ = þ (th);
- ᚫ = a;
- ᚱ = r;
- ᚲ = k;
- ᚷ = g;
- ᚹ = w, v;
- ᚺ = h;
- ᚾ = n;
- ᛁ = i;
- ᛃ = j, y;
- ᛇ = æ, œ
- ᛈ = p;
- ᛉ = z;
- ᛋ = s;
- ᛏ = t;
- ᛒ = b;
- ᛖ = e;
- ᛗ = m;
- ᛚ = l;
- ᛜ = ng;
- ᛞ = d;
- ᛟ = o.
Per quanto concerne l’etimologia il sostantivo norreno rún, attestato nelle antiche iscrizioni, indica i singoli segni del “fuþ(th)ark” il cui significato può anche essere “mistero”. Nella lingua tedesca corrente, il verbo raunen significa “bisbigliare”. Le prime iscrizioni runiche in tale alfabeto, che si attestano a partire dalla fine del II d.C. sembrano mostrare una lingua essenzialmente unitaria, quasi senza particolarità dialettali che poi saranno i tratti distintivi delle lingue germaniche4. La fine dell’utilizzo dell’alfabeto runico fu sancita dall’avvento del cristianesimo, che impose l’alfabeto latino e l’utilizzo del codice manoscritto su pergamena. Le ultime attestazioni di utilizzo runico risalgono alla fine del 1100. Un’eccezione a tutto ciò è costituita dal Codex Runicus. Un codice pergamenaceo composto da 101 carte (202 pagine), scritto agli inizi del 1300 e contenente materiale legislativo sull’antica regione della Scania5. Il testo può essere suddiviso in tre macrogruppi: le leggi della Scania (cc. 1r-82v), legislazione ecclesiastica della Scania (cc. 84r-91c) e la cronistoria dei monarchi danesi (cc. 92r-97r)6. Molto interessante risulta essere il recentissimo contributo sul Codex Runicus del prof. P. Peratello7, Codex Runicus (AM 28 8vo): A pilot project for encoding a runic manuscript8, incentrato sulla codifica XML del codice.
Le rune in Siberia
Con alcune variazioni, le rune, si diffusero sino alla Siberia. Delle iscrizioni runiche su pietra dell’VIII secolo d.C. sono state rinvenute presso il fiume Yenisei in Siberia. Tali tipologie runiche sono conosciute come Rune Yenisei o Rune Siberiane.
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Tali iscrizioni vennero scoperte agli inizi del XVIII secolo e iniziarono ad essere studiate a partire da quello successivo. I primi studiosi che esaminarono le iscrizioni non compresero la parentela con l’alfabeto runico “fuþ(th)ark”. Solo successivamente con il prof. Altay Sarsenuly Amanzholov11 si comprese la reale parentela tra l’alfabeto “fuþ(th)ark” e quello asiatico Orkhon/Yenise. Questo esempio di rune siberiane risulta assai interessante poiché nella stringa di incisioni si alternato segni alfabetici a disegni di scene di caccia:
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A partire dalla fine del XVII secolo nella zona dell’Asia centrale e più nello specifico proprio nel territorio siberiano furono rinvenute ulteriori iscrizioni runiche. Queste, come era già successo con quelle del lago Yenise, trassero nuovamente in inganno i primi studiosi che se ne occuparono, tra questi anche T. Bayer13 e P. S. Pallas14. Essi ipotizzarono che queste iscrizioni fossero da attribuire a tribù di Goti che si erano spinte sino in Siberia15. Il dibattito in poco tempo si accese e molti studiosi ci tennero a fornire personali ipotesi, tra queste alcune delle più significative sono quelle che attribuivano tali rune agli slavi o addirittura agli antichi greci16. Una svolta decisiva si ebbe nel 1889, quando l’esploratore russo, Jadrinzev, rinvenne in Mongolia due iscrizioni bilingue, una in cinese e l’altra in runico della tipologia siberiana (Yenise). Ciò permise al glottologo e linguista danese, Vilhelm Thomsen, di decifrare e attribuire tali rune all’opera delle antiche popolazioni turche che abitavano la Mongolia17.
Agli inizi del 1953 nei pressi del lago di Bajkal, un lago della Siberia meridionale, da P. M. Milioranskij18 furono rinvenute due iscrizioni runiche, che il linguista E. R. Rygdylon attribuì all’opera delle antiche genti mongole19. L’ipotesi venne confutata anni dopo dall’archeologo russo Alexey Pavlovich Okladnikov. Egli affermò che tali iscrizioni come tutte le altre rinvenute in Siberia fossero da attribuire alla lingua turco-antica, precisamente al popolo dei Kurykani. Essi erano una tribù turca dei Tiele, che abitava l’area del lago Bajkal vicino al confine mongolo nel VI secolo20. Erano i progenitori degli odierni Jakuti21. I primi Kurykan migrarono dal fiume Yenisey22. In Siberia sono state rinvenute più di 320 iscrizioni, solo nell’area di Bajkal ve ne sono una cinquantina e sono tutte attribuibili alla famiglia linguistica turca-antica. La parentela di queste rune con quelle dell’alfabeto “fuþ(th)ark” risulta innegabile ed è ipotizzabile che tali rune, proprio come primo mezzo alfabetico di scrittura, si diffusero assieme ai popoli che le utilizzavano, partendo dal centro Europa e giungendo sino alla Cina, Mongolia e nord della Siberia.
Note:
- Istruttore Direttivo presso Biblioteca civica Romolo Spezioli di Fermo.
- M. Polia, Le rune e gli dei del nord, Rimini, Il Cerchio, 2005, p. 12, Cfr. A. L. Prosdocimi, Sulla formazione dell’alfabeto runico. Promessa di novità documentali forse decisive, in Corona Alpium II. Miscellanea di studi in onore di Carlo Alberto Mastrelli, Firenze, Istituto di Studi per l’Alto Adige, 2003, pp. 427–440
- La traslitterazione è in IPA. L’IPA è l’Alfabeto Fonetico Internazionale, consistente in un sistema di scrittura alfabetico utilizzato per rappresentare i suoni delle lingue nelle trascrizioni fonetiche. L’AFI nasce a partire dal 1886 per iniziativa dell’Associazione fonetica internazionale al fine di creare uno standard con cui trascrivere in maniera univoca i suoni linguistici (foni) di tutte le lingue; ad ogni simbolo dell’AFI corrisponde uno e un solo suono, senza possibilità di confusione.
- Tale fatto dimostra che in questo periodo non era ancora avvenuta la seconda rotazione consonantica. Si veda il recente volume di M. Giovannelli, Le rune antiche, Lecce, Youcanprint, 2020, pp. 21-34.
- Era una porzione territoriale che nel Medioevo comprendeva parte della Svezia e della Danimarca.
- Nel codice è presente anche una sezione minore che riguarda la descrizione dei confini fra Danimarca e Svezia (cc. 97v-100r).
- Università di Verona.
- P. Peratello, Codex Runicus (AM 28 8vo): A pilot project for encoding a runic manuscript, in Umanistica Digitale, n. 9, 2020.
- Codex Runicus, c. 1r.
- Rappresentazione della vallata del fiume Yenisei, ove agli inizi del XVIII secolo sono state rinvenute le rune.
- A. S. Amanzholov, Turkic runic graphics, Almaty, KazGU, three parts, 1980.
- Tutto ciò che si è detto su tale tipologia runica è stato ripreso da U. Carmignani – G. Bellini, Runemal, il grande libro delle rune: origine, storia, interpretazione, Torino, L’Età dell’Acquario, 2009.
- Fu un etnografo e zoologo tedesco.
- Peter Simon Pallas nato a Berlino il 22 settembre 1741 e morto a Berlino l’8 settembre 1811 è stato un biologo, zoologo e botanico tedesco. Dopo la laurea in Scienze Biologiche all’Università di Berlino, intraprese una serie di spedizioni scientifiche consecutive in Russia, ove rinvenne i resti del Mammut e nel 1772 scoprì vicino a Krasnojarsk, in Siberia, la prima pallasite, un tipo di meteorite costituito da cristalli di olivina inglobati in una matrice di ferro-nickel.
- R. Bertani, Sulle pietre del Bajkal, i segni di una cultura millenaria, in L’Universo, n. 3, 1985, pp. 423-444. Anche il tedesco Daniel Gottlieb Messerschmidt era caduto nella medesima trappola, pur riuscendo dopo tempo a rivedere la sua teoria.
- Tra gli studiosi più celebri a formulare tali ipotesi, sicuramente vi è Matthias Alexander Castrén.
- E. D. Ross, “The Orkhon Inscriptions: Being a Translation of Professor Vilhelm Thomsen’s Final Danish Rendering”. Bulletin of the School of Oriental Studies, University of London. 5 (4), 1930, pp. 861–876. Le iscrizioni vennero decifrate e rese pubbliche il 15 dicembre 1893.
- P. M. Milioranskij, Pamjatnik v cest’kjul’, Teghina, 1899.
- R. Bertani, Sulle pietre, cit., p. 442.
- W. B. Lincoln, The conquest of a continent: Siberia and the Russians, London, Jonathan Cape, 1994, p. 11.
- Furono Gumilyov e Okladnikov a proporre che i Kurykan fossero antenati degli Yakuts, anche se questo è ancora incerto.
- V.A. Stepanov, Origin of Sakha: Analysis of Y-chromosome Haplotypes Molecular Biology, 2008, Volume 42, No 2, p. 226-237.