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Più delle due letture, che pure ho letto in pochissimo tempo tanto mi sono piaciute, ho amato scrivere questo articolo a quattro mani. Il merito non è nemmeno mio, ma per niente, però la soddisfazione immensa rimane. È uno di quegli articoli che è proprio bello leggere, perché non solo si impara qualcosa di nuovo, ma soprattutto vi si trova una tale quantità di curiosità e aneddoti e perle varie che se ci capita di riutilizzarli in una conversazione si fa anche una gran bella figura. Venghino signori venghino: lo spettacolo è dei migliori che offre la piazza.
Da cosa siamo partite
“Find what you love and let it kill you” .
Quante volte ci siamo imbattuti sulle piattaforme social in questa citazione? Una lapidaria didascalia che accompagna solitamente l’immagine di un uomo di mezza età intento a bere e a fumare: il famigerato Charles Bukowski.
Romanzi, racconti, poesie. Tutti spaccati di una nuda e cruda realtà. Il caro Herny Charles riporta il naso dei più giovani tra le pagine riempiendo gli scaffali delle librerie delle sue ristampe, torna “di moda” per così dire. Perché?
La strada. Il Sesso. L’alcol. La droga.
Sempre più spesso i giovani lettori si avvicinano alla lettura per soddisfare la curiosità circa il degrado urbano, le forti passioni ed il vizio, complice forse il ritorno in auge di una certa “fascinazione” per il Poeta maledetto, nel senso contemporaneo dell’espressione ovviamente. Basti ascoltare una delle tante playlist Z-Generation ed il nesso appare immediatamente evidente. A prescindere dal gusto di ognuno di noi, queste nuove voci ci portano nei vicoli delle città, dove tutto quello che è umano diventa possibile e in qualche modo legittimato.
Uno dei testi che va per la maggiore, per così dire, è il rispolverato Compagno di sbronze, edito in Italia nel ’79. Questa raccolta di racconti, perlopiù autobiografici, facente parte del volume Erection, Ejaculations, Exhibitions and General Tales of Ordinary Madness (1967), dà modo a Bukowski di mostrarci uno scorcio di Realtà, uno spaccato dei veri Stati Uniti. Lo sporco realismo di Bukowski mette a nudo la pochezza dell’uomo, la sua debolezza, e lo fa in modo diretto, dissacrante, cinico. Nessun giro di parole. Bukowski ci vomita su carta luci ed ombre di questo suo mondo… proprio come farebbe un ubriaco alla sesta birra mattutina, per restare in tema. Ed è per questo che OGGI, più che ieri, piace.
Dove vogliamo arrivare? Non si tratta di dare un giudizio circa gli interessi dei lettori più giovani, poiché leggere aiuta senza dubbio a capire. Ci siamo semplicemente poste un quesito: quale potrebbe essere una valida alternativa al buon vecchio Charles? Cosa ci offre il panorama sovietico sulle medesime tematiche?
Ebbene, in questa sede vi proponiamo due chicche:
Romanzo con cocaina. Dalle memorie di un malato di M. Ageev e Mosca-Petuškì. Poema ferroviario di Venedikt Erofeev.
Romanzo con cocaina
Partiamo da Romanzo con cocaina. È stata senz’altro una lettura cattiva, perché cattivo è il suo protagonista. Cattivo nel senso più ampio del termine: marcio, spregevole, senza cuore. Il giovane Vadim ci racconta in prima persona la sua natura perversa. Tratta con una crudeltà senza scusanti e senza motivi la povera madre, contagia consapevolmente con la sifilide una giovane ragazza, tratta con disprezzo chiunque non sia lui… Insomma, la cocaina è solo l’ultima delle sue trasgressioni alla norma.
Mosca-Petuškì. Poema ferroviario
Mosca-Petuškì. Poema ferroviario è, detta in una frase, il racconto di una sbronza. Venička, il protagonista, dalla cui viva voce ci viene raccontato tutto, è in viaggio appunto da Mosca verso Petuškì dove dice che lo attendono la donna amata e il figlio. Durante il percorso incontra una carrellata di bizzarri personaggi, coi quali intraprende conversazioni a dir poco assurde. Ma siamo sicuri che sia tutto vero e che non sia piuttosto il delirio di un alcolista? No, non lo siamo.
Parliamo del testo: Romanzo con cocaina
La prima delle due opere proposte è circondata da un alone di mistero. Primo problema: chi è il suo autore?
Siamo a Parigi, 1934, la redazione della rivista Čisla, sulla quale pubblicavano autori russi emigrati in Francia, riceve un manoscritto proveniente da Costantinopoli. L’autore si firma M. Ageev, un autentico Signor Nessuno. Il romanzo esce sulla suddetta rivista a puntate ma solo parzialmente causa la chiusura definitiva di quest’ultima. Esce integralmente appena due anni dopo, ma passa praticamente inosservato. La futura fortuna del romanzo è proprio dovuta al mistero e alla curiosità dei lettori circa l’identità dell’autore. Negli anni ’80 viene ripubblicato in Francia e in Italia. In molti attribuirono il romanzo ad un giovanissimo Nabokov, il quale smentì con una certa energia. Successivamente, parliamo di circa una ventina di anni fa, da un’analisi di private corrispondenze, emerse una nuova possibile identità, quella di Mark Lazarevič Levy, ebreo russo di origine, nato a Mosca nel 1898 ed emigrato nel 1934, docente universitario di lingue straniere, che visse in molti paesi tra i quali, appunto, Francia e Turchia. Ad oggi sono solo supposizioni, non c’è niente di certo e verificabile, ma senza dubbio questo dibattito e il titolo sicuramente suggestivo hanno contribuito al successo del romanzo.
Difficile tracciare un profilo stilistico di Ageev sulla base di quest’unica testimonianza scritta. Non ci resta che parlare del testo. Come esplicitato nel sottotitolo, abbiamo a che fare con le memorie di un malato. Impossibile non notare i riferimenti all’opera di Dostoevkij: i personaggi si muovono nel medesimo sottosuolo, ma Ageev deride il positivismo dostoevskiano facendo sprofondare il suo protagonista nell’amoralità, nella sofferenza, nella meschinità. Non c’è fede nella ragione umana in Ageev, solo individualismo autodistruttivo.
Così come il giovane Raskol’nikov di Delitto e Castigo, anche Vadim Maslennikov, protagonista del romanzo, è un condannato a suo modo. Il primo, macchiato dall’esperienza criminale cercherà l’espiazione e la troverà nell’amore di Sonja, figura salvifica e cristologica, simbolo di questa ritrovata purificazione. Vadim, al contrario, sprofonderà nell’abisso della dissoluzione, che si traduce concretamente nel consumo smodato di droga. La sua Sonja (non a caso, a mio parere, i due personaggi femminili hanno lo stesso nome) lo abbandonerà al suo destino e cercherà di salvare se stessa.
Romanzo con cocaina è un testo bizzarro, unico: ambientato negli anni della Rivoluzione d’Ottobre, non se ne fa mai cenno. Un libro che vi porterà per le strade di un paese che vive un radicale mutamento politico e culturale e vi mostrerà quegli aspetti che, data la rilevanza storica degli sconvolgimenti che monopolizzano, se vogliamo, la produzione letteraria degli anni ’30, risultano passare quasi sempre in sordina.
Un testo decisamente diverso da tutto quello che potreste aver letto su quel periodo storico. Provare per credere.
Parliamo del testo 2: Mosca-Petuškì. Poema ferroviario
E adesso facciamo un grande balzo in avanti. Urss, anni ’70. Un periodo noto come Zastòj, Stagnazione brežneviana, che vede, dopo mezzo secolo di guerre, una prima relativa stabilità. Il panorama letterario è complesso e assai variegato, basti pensare alla coesistenza di realtà quali samizdat e tamizdat.
Venedikt Erofeev è un personaggio singolare. Classe 1938, Erofeev è riuscito nell’impossibile impresa di essere, per un periodo della sua vita, senza tetto e disoccupato in un contesto politico e culturale dove queste due dinamiche sociali erano praticamente inesistenti. Un’infanzia difficile, un’adolescenza segnata dall’amore per la scrittura (iniziò a scrivere il suo primo romanzo, Appunti di uno psicopatico, a soli 17 anni), una vita di precariato spesa a praticare i più disparati ed usuranti lavori per mantenersi.
In questa sede proponiamo l’opera principe di questo lungo decennio, il poema in prosa Mosca-Petuškì, successivamente eletto come antesignano del postmodernismo russo. Scritto del 1969, circolò clandestinamente in Unione Sovietica per tre anni per poi essere pubblicato in lingua originale nel ’73, in Israele. Edito ufficialmente in Russia solo nel 1990, questo libro risulta essere uno dei più letti del periodo sovietico. Come si usa dire “Mosca-Petuškì in Russia lo conoscono tutti quelli che hanno un rapporto, per quanto minimo, con la letteratura o, nella peggiore delle ipotesi, con la vodka.” Trattasi della pittoresca storia di un viaggio in treno di quello che oggi potremmo definire un clochard alcolizzato.
Attraverso il suo sguardo annebbiato dai fumi dell’alcol è possibile vedere il regnante caos che nidifica sotto l’apparente ordine tardo-sovietico. Un uomo alla deriva in una società lobotomizzata e in frantumi, ridotto all’alcolismo, guidato nel mare delle contraddizioni dai suoi “angeli”. Questi ultimi lo accompagneranno nel suo viaggio fino alla metà del capitolo Voinovo Usad per poi abbandonarlo alle sue allucinazioni, braccato da quattro persecutori, nei quali non è difficile riconoscere i soldati che scortarono Cristo alla croce nei panni dei quattro volti del comunismo (Marx, Engels, Lenin e Stalin).
Il testo, nella sua quasi totale assenza di trama, è intriso di riferimenti intertestuali, dalle Sacre Scritture all’allora contemporanea propaganda sovietica. Il tutto condito con un abbondante turpiloquio.
Il tema dell’alcol risulta essere la cerniera che tiene insieme questa realtà degradata al piano religioso/metafisico in quanto lo stato di ebbrezza è da interpretarsi come una morte per crocifissione e il ritorno alla sobrietà come una resurrezione in ciclo continuo. Che altro dire? Una potente e tragicomica parabola filosofica da leggere assolutamente.
Conclusioni
Se non siamo riuscite a incuriosirvi o a interessarvi almeno un po’ con questo pezzo, onestamente, penso che dovreste darvi anche voi all’alcolismo. Questa è la prova provata che la letteratura e la conoscenza non sono per niente roba da parrucconi snob. Ma anche: la letteratura non da parrucconi snob non si esaurisce con il buon Bukowski.