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“Signor Censore che fai lezioni di morale.
Tu che hai l’appalto per separare il bene e il male,
sei tu che dici quello che si deve e non si deve dire.
Lo strumento della censura nei secoli
Lo strumento della censura è stato usato nei secoli per nascondere, condannare e invisibilizzare tutte le voci, le comunicazioni e le rappresentazioni ritenute “scomode” da un’autorità, con l’intento esplicitamente dichiarato di tutelare l’ordine sociale e politico di un sistema dominante.
La censura musicale è un esempio emblematico della libertà di espressione proprio per la sua potenza comunicativa ed emotiva; nei secoli sono stati dati al rogo libri e proibite canzoni e generi musicali, dal jazz d’importazione oltreoceanica scomodo all’italianità osannata dal regime fascista, alle note diaboliche del blues di Robert Jhonson, dai testi dei Beatles a quelli di Plant, dallo swing alle canzoni antifasciste e antifranchiste.
Chi era il censore?
Fausto Amodei, tra i fondatori dei Cantacronache, descrive il censore come “un tutore della pubblica morale che vede il male anche dove non ce n’è”. Il censore assomiglia un po’ al caro patriarcato, con un pizzico di paternalismo e cristianesimo. In epoca più recente, Edoardo Bennato si rivolge al Signor Censore urlandogli “Signor Censore da chi ricevi le istruzioni per compilare gli elenchi dei cattivi e buoni?”
La figura del censore, non è però isolata: agisce per conto dei poteri alti nel nome della pubblica morale, condiziona quello che si può o non si deve dire, scrivere o cantare. Il silenzio è oro.
Politica e rappresentazione
Già le mondine avevano capito che “i padroni hanno armi, di menzogna e corruzion, hanno i giornali, il cinema, la radio, che difendon i profitti del padron”. Menzogna, corruzione e censura, questioni politiche di rappresentazione, perché essere rappresentat* è una questione politica, la censura è una forma di oppressione sistemica che ha un preciso scopo politico.
Invisibilizzare, cancellare identità
Complice dello stigma, la censura di un corpo o di una canzone equivale a cancellarne l’identità, oltre che bollarlo come “sbagliato”. “Sbagliate” sono le canzoni scomode e profane, quelle in grado di fare resistenza, di sovvertire uno status quo, ritenute pericolose da un regime o volgari nel linguaggio. Pensiamo anche alla invisibilizzazione nei secoli delle cantautrici, e delle donne che scrivevano, cantavano e facevano arte.
Censura musicale e istituzione dell’EIAR
La censura musicale è, ed è stata perpetrata sulla musica (le melodie, i suoni), sui contenuti(i testi e i riferimenti politici delle canzoni) e sulle esibizioni (radio, concerti e dischi).
In Italia la censura musicale è avvenuta principalmente per motivi religiosi da parte del Vaticano, per motivi di buoncostume e per motivi politici durante il periodo fascista: in quegli anni viene istituito l’EIAR (Ente italiano per le audizioni radiofoniche), strumento utilizzato dal fascismo per sovraintendere le trasmissioni radiofoniche e il loro contenuto.
Da Crapa pelata a Pippo non lo sa, o Maramao perché sei morto, interpretate dal celebre Trio Lescano, la censura fascista intravide dei riferimenti ai gerarchi e a Mussolini tali da censurare le canzoni. Già prima parole come “tradimento”, “onta” avevano costretto a modificare alcune parti di canzoni, come nel caso de “La leggenda del Piave” di E.A. Mario.
Se da un lato il regime censurava canzoni, dall’altra ne utilizzava alcune come strumento di propaganda. E chi dissentiva non faceva da meno, ne è un esempio la divertente Lenin e Stalin di Raffaele Mario Offidani ricalcata sulla melodia di Mamma son tanto felice di Cesare Andrea Bixio e Bixio Cherubini.
Canti partigiani, anarchici e anticlericali
Le canzoni partigiane, nacquero in un clima di repressione, talvolta sulle stesse melodie di canzoni patriottiche o filofasciste, come forma di parodia. Anche i canti anarchici e anticlericali aprono immensi spazi di ribellione e critica politica e sociale.
O dei Cantacronache che negli anni ’60 vennero processati insieme all’editore Giulio Einaudi per vilipendio di Capo di Stato estero e per oscenità (Franco, veniva infatti definito in una loro canzone come “cabron”). Anche la canzone Bella Ciao è spesso al centro di dibattiti e polemiche, recentemente censurata in più occasioni, a Carmagnola il Coro Moro non ha potuto eseguirla, ed è stato proibito cantarla in alcune scuole o in occasioni di festa.
Le radio
Le radio vengono censurate, specialmente quelle autofinanziate, libere e resistenti, è il caso di Radio Aut di Peppino Impastato, fondata a Terrasini (Palermo) nel 1977, o la militante Radio Alice bolognese.
Dirty Dancing
La musica viene censurata anche in rapporto ai balli e alle danza, luogo di perdizione, basti pensare al film Dirty Dancing ambientato nel 1963. Già nel 1938 con parole alquanto razziste si metteva in guardia sulla pericolosità di “andare in solluchero per le danze ombelicali di una mulatta o accorrere come babbei a ogni americanata d’oltre oceano!”. Nel 1940 viene proibito ballare in pubblico.
Censura Rai e Sanremo
Michele Salvemini, in arte Caparezza e l’album “Il sogno eretico” ci racconta di come la cancel culture già nel passato abbia messo al rogo Giovanna d’Arco, Girolamo Savonarola e Giordano Bruno.
Infatti uno dei migliori modi per censurare e limitare la vena espressiva di cantanti è l’invisibilizzazione, tale da non consentire ai brani di essere trasmessi da radio e televisioni nazionali, come ai tempi di “Io se fossi Dio” di Gaber (1980), le numerose canzoni di Fabrizio De André censurate (stranamente più dalla Rai che dal Vaticano) della canzone “Gesubambino” poi trasformata in “4/3/1943” di Lucio Dalla, dai Nomadi bollati d’infamia per aver cantato nel 1965 “Dio è morto” di Guccini, a “Je t’aime… moi non plus”, cantata da Serge Gainsbourg e Jane Birkin nel 1969.
Pugni Chiusi dei Ribelli, inizialmente era al singolare (pugno chiuso) e venne fatto cambiare titolo e testo onde evitare riferimenti alla sinistra.
Luigi Tenco con “Cara maestra“, canzone mai trasmessa della Rai, attaccava i 3 pilastri della società italiana: la Scuola, la Chiesa e le istituzioni.
Censura contemporanea
Oggi la censura è stata in parte sostituita dalla querela, che ha portato Gasparri contro Fedez, e più recentemente Salvini e i 99 Posse in tribunale, accusati, questi ultimi, di diffamazione aggravata.
I Måneskin, vincitori della 71esima edizione del Festival di Sanremo nel 2021, han dovuto censurare il loro brano “Zitti e Buoni” per poter partecipare all’Eurovision Song Contest 2021.
La censura è tutt’oggi molto presente, trova altre vie, la dittatura del politicamente corretto, la censura dei corpi di chi fa attivismo su Instagram, la spietatezza degli algoritmi che premiano o invisibilizzano i contenuti e condizionano il nostro viaggiare sul web.
Voci scomode
Il censore non è più un singolo individuo, ma un sistema complesso, impalpabile che trova altre strade. Anche le persone trovano però nuove vie o metodi per scrivere, parlare, dare voce, ascoltando radio e voci scomode, cantando parole e canzoni controcorrenti che offrano visioni inedite e non si pieghino a un sistema preconfezionato.
E in questo le canzoni e la musica hanno il potere innato di emozionare oltre che dire e restano forse uno dei più importanti spiragli di resistenza e libertà.