L’equivoco di fondo sull’epicureismo
Ho comprato alcuni libri usati per pochi spiccioli. Tra questi ho acquistato le opere complete di Epicuro, che non sono una concione ma sono contenute in un libro smilzo di circa 160 pagine, compresa la sua biografia, scritta da Diogene Laerzio. Già questo storico descrisse le calunnie che aveva dovuto subire Epicuro in vita dagli altri intellettuali. Alcuni criticavano negativamente la qualità della scrittura di Epicuro, che è stato rivalutato soltanto recentemente sotto questo aspetto. A onor del vero ho saltato le pagine in cui espone il suo atomismo perché non mi interessavano. Ebbene leggendo le Massime Capitali, le Sentenze vaticane (chiamate così perché ritrovate in un Codice vaticano), le lettere e i frammenti di altre lettere ho capito che quello che noi intendiamo comunemente come epicureismo, sia in senso stretto che in forma estensiva, è fuorviante. Insomma Epicuro, che si legge tutto d’un fiato perché aforistico, è stato frainteso, equivocato dall’antichità fino ai giorni nostri. Molti banalizzano la sua filosofia, riassumendola in questo modo: “viviamo e godiamo senza pensare alla morte”. Ogni volta che si parla di Epicuro si pone l’accento sul fatto che per lui quando ci siamo noi non c’è la morte e quando ci sarà la morte non ci saremo noi; si continua dicendo che secondo lui non c’è da aver paura della morte, che bisogna godersi la vita, soddisfare i nostri desideri, ma al contempo si fa notare la sua atarassia, la ricerca della serenità d’animo e dell’equilibrio interiore, che secondo Epicuro dovevano caratterizzare i più saggi. Ebbene tutto ciò non corrisponde totalmente al vero, è inesatto. Epicuro ha scritto che non bisogna ricercare a ogni costo il piacere, ma che l’eliminazione stessa del dolore è piacere. In un suo frammento ha scritto che “il ventre non è insaziabile, ma è la convinzione delle persone che il ventre sia insaziabile a essere insaziabile”. In un altro frammento scrive che il sesso può provocare più effetti deleteri che piaceri. Ma non c’è da stupirsi. Nella cultura occidentale per secoli hanno avuto la meglio il platonismo prima e poi un cristianesimo intriso di neoplatonismo. Come se non bastasse ogni autore, ogni opera vengono sempre banalizzati, volgarizzati, equivocati. L’epicureismo è stato inteso in senso peggiorativo da religiosi, da moralisti e sintetizzato in modo sbrigativo dai materialisti di quart’ordine; entrambi lo hanno fatto diventare la massima filosofia edonistica, a torto (probabilmente) o a ragione. Lo stesso Epicuro era così severo e autoritario nei confronti dei suoi discepoli, che questi, totalmente succubi, non riuscirono a sviluppare idee proprie né a rielaborare il pensiero del maestro, non continuando la sua scuola; insomma Epicuro non lasciò di fatto eredi. Non solo ma quanto sia notevole l’effetto distorcente su alcune opere lo si è potuto constatare anche ai tempi nostri, facendo un esempio semplice, con il saggio breve Fenomenologia di Mike Bongiorno, scritto da Umberto Eco e pubblicato nel libro Diario Minimo. Questo saggio esprimeva una critica molto negativa al celebre presentatore. Eppure alcuni vip oggi lo citano, magari senza averlo mai letto, dichiarando che Eco scrisse un libro intero elogiativo su Bongiorno, anche se ciò è spudoratamente falso.
Packard e il “Sesso selvaggio”
Tra i libri che ho comprato c’era anche Sesso Selvaggio del sociologo Packard. Era un’opera datata, pubblicata in America nel 1968 e in Italia nel 1970. Trattava della cosiddetta evoluzione dei costumi americana, della rivoluzione sessuale, delle trasformazioni sociali. Allora la scoperta della pillola anticoncezionale, la scomparsa della sifilide, la non ancora avvenuta scoperta dell’epatite c, il ’68, l’emancipazione femminile crescente, la crescente occupazione femminile, la macchina a tutti i giovani, l’università di massa, etc etc avevano determinato profondi cambiamenti nella mentalità dei giovani di allora, facendo crescere un divario tra generazioni. Questo saggio è ancora oggi illuminante e ne consiglio vivamente la lettura. Il punto di forza di questo libro è che Packard non era mai approssimativo e non lasciava niente al caso né all’improvvisazione: tutte le sue considerazioni erano il risultato di ricerche sociali su vasta scala e condotte in varie nazioni. Il punto debole è un certo moralismo, un poco antiquato, del sociologo, che comunque è giustificabile perché ai tempi del libro era già un uomo di mezza età. All’inizio del saggio Packard descriveva del bombardamento erotico dei film, della pubblicità, della musica leggera, delle riviste erotiche, dei mass media sui giovani. E oggi allora che avrebbe detto? Oggi si parla di vero e proprio bombardamento pornografico e lo si può constatare quotidianamente nella vita reale e online.
Conclusioni
Pensando a tutti e due i libri mi è venuto da pensare: forse era vero ai tempi di Epicuro che l’assenza di dolore era già piacere, ma oggi uno degli imperativi della nostra epoca è il soddisfacimento sessuale. I repressi, i casti, i rifiutati vengono derisi, condannati, considerati dei falliti. Si fa presto a sentirsi out, così come a essere ritenuti degli sfigati. Oggi al contrario di ciò che scriveva Epicuro l’assenza di piacere viene ritenuta dolore esistenziale. Non si può rinunciare in un tempo in cui i rimpianti scatenano picchi depressivi. Bisogna capitalizzare al massimo ogni conoscenza, a costo anche di ingannare l’altra persona, di sfruttarla sessualmente per arrivare alla fine dei propri giorni e poter dire senza l’ombra di un rimorso “ho vissuto pienamente”. Questo pensano, vogliono, considerano normale molti. Ma per davvero non si può sottrarsi a questa sorta di imposizioni sociali senza provare dispiacere? Un tempo vincevano il senso di colpa e la paura delle conseguenze sul piacere immediato, effimero. E oggi avrebbe forse senso rifarsi al vero epicureismo e abbandonare la sua mistificazione, così diffusa, popolare e messa in pratica? Mi viene da pensare che che i rapporti tra le persone in Occidente siano fondati su una malintesa concezione della filosofia di Epicuro, un equivoco di fondo che ci tramandiamo da più di due millenni e lo scrivo senza alcun moralismo.