Funzioni dello studio…
Si studia fondamentalmente per:
imparare nuove cose
imparare un mestiere
aggiornarsi professionalmente
fortificare la propria intelligenza (qualsiasi definizione si voglia dare dell’intelligenza)
aumentare la cultura
passare il tempo
avere nuovi input
avere nuovi stimoli culturali
cogliere la bellezza artistica e intellettuale
esercitare la mente, allenarla
conoscere nuove storie
sapere come vanno le cose in altre parti del mondo
sapere come va il mondo
avere nuovi argomenti di conversazione
avere nuovi spunti di riflessione
esercitare la memoria
crescere umanamente e non solo culturalmente
Il caso dell’insegnante di Pontedera, che ha dato un pugno nello stomaco a uno studente
I veri studenti creativi non leggono per leggere, per apprendere ma anche per pensare, per rielaborare criticamente. È vero che la scuola è nozionista, è per l’apprendimento passivo e raramente stimola la creatività.
Gli insegnanti sono necessari perché imparare le cose da soli, anche quando si è raggiunta l’età della ragione, è molto più faticoso. Ci vuole qualcuno che insegni l’abc, che dia le basi, che fornisca gli strumenti critici per affrontare la realtà. Per studiare da soli bisogna già avere un metodo di studio, ma solo la scuola o al limite dei precettori privati possono fornire un metodo di studio. Anche quando si tratta non di un docente ma di un formatore, esso agisce da facilitatore, da agente catalizzatore, detto in parole povere aiuta i discenti nell’apprendimento. Anche per essere veramente contro e per fare la rivoluzione ci vuole l’istruzione. Per trasgredire le regole bisogna conoscerle. Per fare l’antitesi bisogna conoscere bene la tesi. Il ruolo e la figura dell’insegnante a ogni modo hanno perso il rispetto e la stima di un tempo. Parte della psicologia ha insegnato con le sue ricerche che gli insegnanti migliori non devono essere autoritari ma autorevoli. Solo che molti hanno creduto che questo fosse il lasciapassare per il permissivismo totale. Non solo ma il dottor Spock è stato per anni maestro di pensiero di un’educazione antiautoritaria, che dai suoi epigoni e ammiratori è stata spinta quasi oltre ogni limite. A tutto ciò si aggiunga un fraintendimento generale di ciò che diceva e scriveva Don Milani. Così a permissivismo si è aggiunto altro permissivismo. Non paghi di ciò molti insegnanti hanno voluto diventare amici degli alunni, facendosi dare del tu, anche se questi erano degli adolescenti, perché una scuola della psicologia voleva che anche i genitori diventassero i migliori amici dei figli e gli insegnanti dovessero ricalcare tale modello. D’altronde è vero che talvolta chi chiede una maggiore autorità intende con essa il ripristinarsi di un antico autoritarismo, che permetteva fino agli anni ’80 di prendere per gli orecchi, di bacchettare gli studenti più indisciplinati, perfino in alcuni istituti privati religiosi. E veniamo al fatto clou di questi giorni: lo studente di 14 anni di un istituto professionale di Pontedera che deride l’insegnante, che reagisce dandogli un pugno nello stomaco, mentre gli altri scolari filmano tutto. Innanzitutto gli studenti avevano premeditato tutto per filmare e forse anche per diffondere a più persone possibile il video. Questo episodio è stato divisivo. C’è chi si è schierato con il docente e chi con lo studente. Nessuno dei due è totalmente vittima o carnefice. Entrambi hanno delle colpe, delle responsabilità in quel che è successo. In teoria lo studente dovrebbe andare a scuola per imparare, attenendosi a una disciplina e a delle regole di condotta. In teoria il docente è pagato non solo per insegnare, ma anche per educare, deve essere di esempio, deve anche dimostrare pazienza e sopportazione, insomma deve dimostrare di essere civile e pretendere dai suoi allievi civiltà. Ma – ahimè – l’educazione civica non viene insegnata a scuola, questo mondo è sempre più barbaro, i genitori danno sempre ragione ai figli e ai ragazzi è permesso tutto e agli insegnanti non è concesso più niente. Accade talvolta che un insegnante debba fare la voce grossa per farsi intendere. Nel caso di Pontedera bisognerebbe sapere da quanto sopportava l’insegnante, bisognerebbe riportare tutto a un clima generale sfavorevole per gli insegnanti. La verità sta nel mezzo: in questa vicenda hanno mancato come persone tutti e due, sia lo studente che l’insegnante, dato che entrambi si dovevano rispettare a vicenda (cosa che non è avvenuta). La miglior cosa sarebbe se l’insegnante ci mettesse la faccia, rinunciasse alla privacy, si palesasse con il suo nome e cognome, chiedendo scusa allo studente e ai suoi genitori, mentre la mamma dello studente farebbe bene a ritirare la querela. L’insegnante ha sbagliato, ma va compreso. Di certo comunque il suo è stato un gesto diseducativo. Però bisogna mettere in conto in pratica che ogni pazienza ha un limite e che in quel caso specifico probabilmente la misura era colma da tempo. L’insegnante ha agito troppo di impulso, ha sbroccato, è arrivato al punto di non ritorno. Poteva prendere provvedimenti disciplinari nei confronti dello studente e dargli anche un brutto voto. Poteva dimostrarsi ponderato e allo stesso tempo severo, ma ciò non è avvenuto, anche se è troppo facile giudicare, è troppo facile puntare l’indice; bisognerebbe riflettere sulle condizioni in cui lavorano ogni giorno gli insegnanti e sul mondo della scuola in generale. Bisognerebbe conoscere bene la realtà scolastica per permettersi di giudicare in modo troppo colpevolista l’insegnante. Bisognerebbe insomma mettersi nei panni dell’insegnante, avere un minimo di empatia. Ai miei tempi alle scuole superiori casi del genere non sono mai avvenuti, ma gli insegnanti venivano rispettati. Sia ben inteso: gli insegnanti non devono farsi rispettare, ma devono prima di tutto essere rispettati. Ci vorrebbero a ogni modo più psicologi nelle scuole, sia per gli studenti che per gli insegnanti, e meno psicologia spicciola, buonista e troppo spesso fraintesa. Ma chiedere ciò è come chiedere la luna, visto che in molte scuole non ci sono i soldi per la carta igienica nei bagni. Per il resto il tifo da stadio per l’insegnante o lo studente è totalmente fuori luogo e inappropriato.