Sulla demopatia e sulla patocrazia…

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Significato di demopatia e patocrazia in termini semplici

Negli ultimi tempi si è discusso tanto in Italia di demopatia, ovvero della patologia del popolo, delle masse. Non altrettanto invece e non sufficientemente si è discusso di patocrazia, termine coniato da Łobaczewski, per indicare il potere gestito da leader disturbati mentalmente, nello specifico narcisisti, affetti da disturbo antisociale, se non veri o propri psicopatici, come Hitler e Stalin, che erano sia sadici che necrofili, secondo le perizie psichiatriche. È molto più facile trattare di demopatia che di patocrazia, perché i potenti devono essere sempre lisciati per il verso giusto, perché è meno scomodo e crea meno problemi prendersela con il popolo. È molto più conveniente arruffianarsi con un potente che essergli contro.  I potenti potrebbero sempre vendicarsi o attuare delle ritorsioni, emarginare oppure, se va bene, ostracizzare chi dà loro del folle. Un dittatore può uccidere i dissidenti o incarcerarli: non è solo storia, è ancora cronaca oggi. A volte non si può dare del pazzo a dittatori stranieri, anche quando ci sarebbero tutte le premesse, per non creare casi diplomatici e per non eliminare le tenui speranze di trattative, compromessi, negoziati, armistizi.

Demopatia e patocrazia sono strettamente connesse e si sostengono a vicenda

 La demopatia prospera a causa della diffusione di responsabilità,  dell’istinto del gregge di ogni uomo, insomma del conformismo: se tutti la pensano così e fanno così,  avranno le loro ragioni e poi se tutti sono colpevoli, nessuno è colpevole. La patocrazia prospera perché i leader disturbati sanno tirare fuori il peggio dalla popolazione, parlando alla pancia della gente, facendo scaturire delle reazioni emotive. Laddove il leader ponderato, equilibrato, moderato offre risposte articolate e complesse, talvolta impopolari, ai problemi, invece il leader carismatico e spesso disturbato offre facili capri espiatori, difende gli interessi di bottega, istiga all’odio nei confronti delle minoranze, offre facili ricette economiche, che poi una volta al governo non realizzerà, per l’appunto fa promesse irrealizzabili. Ed ecco che aumenta il consenso. Esiste anche una cooptazione dei giovani disturbati ad opera dei leader in carica disturbati. Si sanno riconoscere a vicenda e i potenti patologici scelgono come successori persone simili a loro. Così la patocrazia prosegue. Ma forse chi non ha dei tratti patologici marcati non aspira a tutti i costi al potere oppure rientra nei rari casi in cui, se arriva al potere, lo esercita in modo saggio. Ma è anche vero che tutto si basa su una scarica, sull’adrenalina. La popolazione sfoga la sua rabbia e aggressività, seguendo il leader disturbato, e succede anche che la stessa scarica di energia la provi il potente. Il potere logora, come scriveva Andreotti, ma anche inebria, ubriaca, corrompe. E se il potere talvolta desse così tanto alla testa da fare impazzire? È un’ipotesi da non scartare! Sembra che tutto sia permesso ai potenti. Accade così che l’esercizio del potere slatentizza alcuni nuclei psicotici che tutti abbiamo, come scoperto da Bion. Ecco allora che dal potere si passa semplicemente all’abuso del potere. E l’autocensura, la coscienziosità,  il senso di responsabilità e della misura, il rispetto degli altri vengono meno, perché ogni potente ha una corte di yes man, che lo assolve, lo giustifica, lo adula. Insomma la demopatia è strettamente connessa alla patocrazia. I leader disturbati rendono manifesta, esplicitano la follia di ognuno di noi. Alcune volte i leader istigano alla follia il popolo, come accadde con Hitler. La demopatia rimane latente fino a quando un folle non l’attiva, non la tira fuori. Ma non è solamente questo. Se così fosse, la responsabilità ricadrebbe solamente su pochi governanti. Invece è anche il popolo che talvolta seleziona i disturbati e dà loro il potere. Le due cose si richiamano tra di loro e, come scrivevo prima, sono molto collegate. Non solo ma la demopatia difende la patocrazia e viceversa; si sostengono e si legittimano a vicenda. Il popolo che ama il dittatore non vuole che si metta in discussione la salute mentale di costui; il dittatore usa arbitrariamente la psicologia e la psichiatria per affossare solo i suoi nemici e per il mantenimento dello status quo. Che cos’è in fondo ogni dittatura se non un delirio collettivo,  socialmente organizzato, approvato,  condiviso?

Rimedi certi non ci sono

 Ma quali sono gli antidoti, i rimedi efficaci sia alla demopatia che alla patocrazia? Eliminare la follia è impossibile.  Non si possono usare delle navi dei folli, che secondo Foucault esistevano veramente secoli fa. Si finirebbe per rendere invivibile la vita a dei poveri matti. Inoltre la psichiatria non è una scienza esatta. Foucault nella sua “Storia della follia” dimostra lucidamente che la civiltà di un popolo si vede da come tratta i cosiddetti matti, da come li cura, dalla qualità della vita che dà loro. Se è vero che una dittatura,  un’entrata in guerra, un genocidio sono deliri collettivi, è anche vero che non si possono lasciare soli ed emarginati i poveri matti innocui. Non è umano. La domanda è tutta qui: come distinguere una persona disturbata mentalmente innocua da una che può essere potenzialmente pericolosa per il genere umano? È molto complesso, a volte impossibile. Franco Fornari nel 1966 pubblicava “Psicoanalisi della guerra”, in cui proponeva l’istituzione di una struttura Omega, fatta di psicologi e psichiatri, che doveva governare il mondo. Ma era utopia, una Repubblica di Platone estesa, riveduta e corretta, che non è mai stata attuata. Secondo Fornari tutti gli Stati del mondo avrebbero dovuto approvare Omega. La realtà è che la maggioranza degli Stati del mondo non investe adeguatamente per la cura della salute mentale e nessun potente vuole lasciare il posto agli psicologi e agli psichiatri.  Nel frattempo anche la psicoanalisi è caduta in declino e come è stato scritto un libro nero del comunismo, ne è stato scritto uno anche della psicoanalisi.  Canetti lavorò per molti anni al libro “Massa e potere” per studiare la relazione tra queste due cose. In realtà oggi viene ricordato più per le sue prose che per il suo saggio. A onor del vero alcune cose di quel libro voluminoso a cui Canetti dava tanta importanza si ritrovano da decenni in molti manuali di psicologia sociale e di psicologia dei gruppi. Ma soluzioni certe non ce ne sono per queste problematiche.

Un dubbio più che legittimo

 E poi siamo davvero sicuri che tutti i potenti che hanno creato guerra e distruzione avessero un lato folle marcato? Nessuno ad esempio ha mai messo in dubbio la salute mentale di coloro che decisero di sganciare la bomba atomica a Hiroshima e Nagasaki. Nessuno ha mai messo in dubbio la sanità mentale di molti governanti democratici che in tutta la storia hanno scelto di fare la guerra. La colpa non è solo dei folli.

Cosa anteporre?

 Però cosa anteporre alla guerra, alla dittatura, alla violenza? Dopo millenni di storia umana possiamo dire che i rimedi più sensati sono la cultura, il senso critico, l’empatia per chi soffre, la volontà di rimediare alle ingiustizie senza per forza di cosa commettere altre ingiustizie, rispettare la dignità umana, la tutela della libertà individuale,  il senso di abnegazione e sacrificio per una giusta causa da difendere: insomma per brevità e semplificando rimanere umani. Tutte cose belle e sacrosante, che spesso restano teoriche e molto raramente messe in pratica, perché scegliere di dire no e rischiare la vita, quella dei propri cari è un atto immenso di coraggio, un sacrificio umano che potrebbe rivelarsi inutile. E allora moltissimi si adeguano anche all’orrore.  

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Nato nel 1972 a Pontedera. Laureato in psicologia. Collaboratore di testate giornalistiche online, blog culturali, riviste letterarie, case editrici. Si muove tra il pensiero libertario di B.Russell, di Chomsky, le idee liberali di Popper ed è per un'etica laica. Soprattutto un libero pensatore indipendente e naturalmente apartitico. All'atto pratico disoccupato.

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