Intervista a Gandhi, un anno e mezzo prima del suo assassinio, sulla organizzazione di un’India indipendente fondata sul decentramento del potere
Domanda. Nel suo articolo apparso sull'<<Harijan>> del 15 luglio, intitolato Il vero pericolo, lei ha affermato che la maggior parte dei membri del Congresso in realtà non sanno che indipendenza vogliono. Vorrebbe essere tanto cortese da tracciare per loro un quadro generale ma sufficientemente preciso di quella che secondo lei dovrà essere l’India indipendente?
Risposta. Penso di aver già esposto a più riprese la mia idea delle caratteristiche che dovrà avere l’indipendenza indiana. Tuttavia, poiché questa domanda fa parte di una serie di domande, credo sia meglio darle ugualmente una risposta anche a rischio di ripetermi.
L’indipendenza dell’India deve significare l’indipendenza di tutta l’India, compresa quella denominata India degli stati e delle altre potenze straniere, come la Francia e il Portogallo, che devono la loro presenza in India, credo, al tacito consenso degli inglesi. Indipendenza deve significare indipendenza del popolo indiano, non di coloro che oggi lo governano. I governanti dovranno dipendere dalla volontà dei governanti. Dovranno essere i servitori del popolo, pronti ad uniformarsi alla sua volontà.
L’indipendenza deve iniziare dal basso. Ogni villaggio quindi dovrà essere una repubblica o panchayat dotata di pieni poteri. Ne consegue che ogni villaggio dovrà essere autosufficiente e in grado di amministrare i propri affari fino al punto di poter provvedere alla propria difesa contro il mondo intero. I villaggi saranno educati e preparati anche a perire per difendersi da ogni aggressione esterna. Questa dovrà essere l’unità di base. Ciò naturalmente non esclude la dipendenza dai vicini e dal mondo e la disposizione ad accoglierne gli aiuti. Si avrà un libero e volontario impiego di forze per la reciproca assistenza. Una tale società dovrà essere necessariamente evoluta , e al suo interno ogni uomo e ogni donna dovrà sapere ciò che vuole e, cosa più importante, dovrà sapere che nessuno deve volere nulla che gli altri non possano avere con uguale lavoro.
Una società di questo tipo deve naturalmente essere basata sulla verità e la non-violenza le quali, a mio parere, non possono essere realizzate senza una profonda fede in Dio, inteso come una inesauribile Forza autogenerantesi e onnisciente, che è presente in ogni altra forza esistente nel mondo e che non dipende da nessuna , e che continuerà ad esistere quando tutte le altre forza si saranno esaurite o avranno cessato di agire. Non posso spiegare in alcun modo la mia vita senza la fede in questa grande e onnipresente Luce. Questa struttura composta di innumerevoli villaggi dovrà essere costituita da cerchi che si allargano sempre di più e mai da cerchi ascendenti. La società non dovrà essere una piramide con il vertice sostenuto dalla base. Dovrà al contrario essere un cerchio oceanico al cui centro dovrò trovarsi l’individuo, sempre pronto a perire per il villaggio, il quale a sua volta sarà pronto a perire per l’insieme dei villaggi, fino a che l’intero tessuto sociale diverrà un insieme di individui mai aggressivi o arroganti ma sempre umili, partecipi della potenza del circolo oceanico di cui sono parte integrante.
In tal senso, la circonferenza più ampia non avrà il potere di dominare su quella interna, ma darà la forza a tutte quelle che si trovano al suo interno derivando al tempo stesso la propria forza da queste. Si può sostenere che tutto ciò non è che una costruzione utopistica e dunque non è degno di essere preso in considerazione seriamente. Ma se il punto euclideo, che pure non può essere raffigurato dall’uomo, ha un valore inoppugnabile, nella stessa misura è valido per la vita del genere umano il quadro da me tracciato. E’ necessario che l’India viva per questo ideale, anche se esso non potrà mai essere realizzato nella sua completezza. Dobbiamo avere un ideale massimo da realizzare, prima di poter realizzare qualcosa che gli si avvicini. Se è vero che in India prima o poi si farà una repubblica di ogni villaggio, allora io affermo la verità del quadro da me tracciato, dove l’ultimo è uguale al primo, o, in altre parole, dove nessuno è primo e nessuno è ultimo.
In tale struttura ogni religione doge di pieni e uguali diritti. Siamo tutti foglie di un albero maestoso il cui tronco non può essere sradicato perché le sue radici affondano nelle viscere della terra. Il vento più potente non può farlo vacillare.
In tutto ciò non vi è posto per le macchine che soppianterebbero il lavoro umano e concentrerebbero il potere in poche mani. In una comunità umana evoluta il lavoro ha un ruolo insostituibile. In essa possono avere posto soltanto le macchine che aiutano l’uomo nel suo lavoro. Ma devo confessare che non mi sono mai soffermato a pensare quali siano esattamente le macchine di questo tipo. Ho pensato alla macchina da cucire Singer. Ma anche questa è superflua. Non ho comunque bisogno di un’elencazione di macchine per completare il quadro della società a cui aspiro.
D. Crede che l’Assemblea Costituente che è stata proposta possa essere utilizzata per la realizzazione del suo ideale?
R. L’Assemblea Costituente ha tutte le possibilità di realizzare l’ideale da me indicato. Tuttavia non ho molte speranze , non perché la Costituzione non abbia tali possibilità, ma perché un tale documento, essendo di carattere assolutamente volontario, richiede il comune consenso di tutti i partiti. Ma questi non hanno obiettivi comuni. Gli stessi membri del Congresso non hanno tutti le stesse posizioni circa i contenuti dell’indipendenza. Non so quanti di essi credano nella non-violenza o nel Charkha o, convinti della necessità del decentramento, pensino che il villaggio debba essere l’unità di base. So al contrario che molti di essi vogliono che l’India divenga una grande potenza militare e si augurano che nel paese venga creato un forte centro intorno al quale dovrebbe essere costruita l’intera struttura sociale. Nell’intersecarsi di questi conflitti io so che se l’India si farà promotrice di un’azione pura, basata su pensieri puri, Dio confonderà le menti di questi grandi uomini e darà ai villaggi il potere di esprimersi come devono.
D. Se l’Assemblea Costituente fallisse nel suo compito a causa del “pericolo che è al suo interno” a cui lei si riferiva nell’articolo sopra citato, consiglierebbe al Congresso di accettare l’alternativa di uno sciopero generale nazionale e della presa del potere, non violenta o con l’uso della forza necessaria? Se non approva tale alternativa, in una simile eventualità, quale altra via suggerirebbe?
R. Non devo pensare al peggio prima che si verifichi realmente. In ogni caso non potrei essere per nessun motivo favorevole, abbandonando la pregiudiziale della non-violenza, ad uno sciopero generale e alla presa del potere. Sebbene ancora non sappia che cosa dovrei fare nel caso di una rottura, so che la realtà mi troverà pronto a suggerire un’alternativa. Poiché io mi affido unicamente alla grande Potenza che chiamiamo Dio, Essa mi indicherà l’alternativa quando sarà il momento, non un istante prima.
(<<Harijan>>, 28 luglio 1946)
tratto da “Gandhi – Teoria e pratica della non violenza” edito da Einaudi