“È chiaro che il pensiero dà fastidio
Anche se chi pensa è muto come un pesce
Anzi un pesce
E come pesce è difficile da bloccare
Perché lo protegge il mare
Com’è profondo il mare
Certo, chi comanda
Non è disposto a fare distinzioni poetiche
Il pensiero come l’oceano
Non lo puoi bloccare
Non lo puoi recintare”
(Lucio Dalla)
Perché gli anarchici sono sempre “bastonati” e “il libertario è sempre controllato dal clero e dallo Stato”, come cantava Guccini? Perché l’anarchia fa così paura al potere? Perché i governi di ogni colore politico e di ogni latitudine agitano spesso lo spauracchio degli anarchici? In primis c’è l’errore fondamentale e diffuso di confondere l’anarchia con il disordine totale, il caos, l’eversione, la violenza cieca. Almeno qui in Italia il potere generalizza sempre, identifica tutti gli anarchici con gli anarco-insurrezionalisti, come se tutti gli anarchici fossero seguaci di Bonanno. E poi a proposito di anarco-insurrezionalisti, sono forse così pericolosi e il contrasto a costoro è davvero di altissima priorità in un Paese in cui Licio Gelli ha cospirato quanto voleva e forse è implicato nella strage di Bologna, senza aver mai fatto un giorno di carcere? Gli anarco-insurrezionalisti (e io non sono uno di loro e non simpatizzo per loro) sono così pericolosi e deleteri in un Paese in cui intere sue zone sono controllate dalle mafie e lo stesso Stato latita? Ah dimenticavo: i mafiosi li puoi rabbonire e con i mafiosi il potere può scendere a patti, mentre con gli anarchici assolutamente no! Perché alcuni potenti indicano gli anarchici come una grave minaccia allo Stato? Innanzitutto fa paura probabilmente la critica radicale al sistema di noi anarchici. Poi l’anarchico non si fa irretire, ipnotizzare, compromettere, cooptare dal potere di solito. E inoltre la controffensiva spropositata nei confronti degli anarchici riveste un significato simbolico: l’anarchico si professa contro l’ordine costituito, lo Stato. Essere contro, anche se solo idealmente, nei confronti delle istituzioni e delle autorità è considerato un delitto. Secondo la vulgata gli anarchici vogliono attaccare il cuore dello Stato. E così noi anarchici abbiamo pan per focaccia, diventando spesso dei capri espiatori. Poco importa sapere che la maggioranza di noi sono pacifici. L’importante è fare il gioco delle tre carte e mistificare la realtà. L’anarchico poi non cerca referenti politici. Non crea un partito politico e questo viene visto con molto sospetto e disappunto, perché qui da noi in Italia chiunque vuole farsi un partito o per tirare a campare mette la testa a partito. Insomma l’anarchico è contro il sistema senza se e senza ma, e questo al potere fa paura. Poco importa sapere che noi anarchici siamo una minoranza nella popolazione! L’anarchico è inviso al potere e ai reazionari, perché non cerca poltrone e non vuole rappresentare altro che sé stesso. Le sue idee vengono anche sbeffeggiate e derise dalla comunità locale a cui appartiene. E hai voglia di spiegare, fornire delucidazioni e chiarimenti, perché la tua è tutta teoria e loro sono gli uomini pratici e così sorridendo in modo paternalistico ti diranno: “stai attento a non fare la fine di Sacco e Vanzetti oppure quella di Cospito”. L’anarchia per molti assume una connotazione negativa. La parola “anarchia” viene spesso usata in modo dispregiativo. Dicono molti: “qui regna l’anarchia”, “un poco d’ordine ci vuole, altrimenti regna l’anarchia”, “l’Italia è un Paese già fin troppo anarchico. Qui ci vuole autorità e un uomo forte al comando”. Vagli a spiegare che l’anarchia è fatta soprattutto di buoni propositi e di nobili ideali. Che poi ognuno ha un suo modo di essere anarchico e spiegare il proprio anarchismo talvolta non è facile. Se citi un grande autore, ti diranno che è una frase fatta e di usare parole tue. Se dai una definizione personale di anarchia, ti risponderanno: “chi ti credi di essere?”
Una critica che fanno a noi anarchici è che non ci va bene niente. Può darsi che qualcosa da salvare ci sia. Ma se cerchiamo di parlarne si tirano indietro o si arroccano sulla loro posizione. Un’altra critica che ci fanno è di non essere propositivi e quando parliamo di autogestione o di associazionismo li etichettano come irrealizzabili. Certamente sono irrealizzabili perché non esisterà mai la volontà popolare e politica in un sistema capitalistico per attuarli, realisticamente parlando, visto l’andazzo generale.
In definitiva noi anarchici non abbiamo una buona reputazione. Ma perché? I mass media attribuiscono a noi tutti intenzioni violente. La narrazione del potere, che utilizza film, libri, documentari, propone gli anarchici come dei rivoluzionari sanguinari, insomma come dei criminali. La maggioranza si commuove per i “poveri” re assassinati dagli anarchici e non pensando al popolo mandato in guerra e decimato per i loro “schiribizzi”. Sono contrario a ogni forma di violenza, ma tutto va contestualizzato. Bisogna considerare la storia e il quadro socioeconomico in cui si sono svolte queste vicende. E invece tutti a commuoversi per la “povera” principessa Sissi, senza considerare che ogni monarchia è/è stata una grandissima dispensatrice di privilegi per pochi e di abominevoli ingiustizie per molti. Come scrisse Dario Fo in una canzone “povero re” ma “povero anche il cavallo”. E poi cosa vogliono gli anarchici? Questo si chiedono molti. A onor del vero ci sono tanti generi di anarchia e tanti tipi di anarchici. La questione è articolata e complessa. E poi perché gli anarchici si astengono dal voto? Dicono alcuni che in questo modo fanno il gioco dei potenti! Infine almeno qui in Italia l’anarchia è molto ramificata. Per il potere ci sono troppi collettivi anarchici e questo dà ai potenti molto fastidio. Un anarchico che si rispetti dice “pane al pane e vino al vino” e questo in un’Italia di cortigiani, che vanno sempre in soccorso del vincitore, intimorisce e dà fastidio. Così come dà fastidio la controinformazione degli anarchici (vedi anche “Alla fine del mondo. La vera storia dei Benetton in Patagonia”, libro-inchiesta, diffuso e pubblicizzato dai siti anarchici). L’anarchia a mio modesto avviso non è libertà di fare quello che ci pare ma di essere come vogliamo, pensando con la nostra testa, senza fare del male a nessuno. Anarchia è soprattutto liberazione dagli idoli, dal vitello d’oro e conquista della propria libertà. Anarchia, anarchia, pur piccina che tu sia, quanti ti avversano e ti temono! E per quale motivo? Perché il potere ha tutto da perdere e niente da guadagnare con gli anarchici, che non tollerano abusi e ingiustizie! E non solo ma per il potere combattere l’anarchismo significa anche rimuovere la storia della difesa dei diritti dei lavoratori. Dirò di più: ci sono riusciti, poiché se ci ricordiamo della prima internazionale dei lavoratori, ebbene Marx è stato ormai fatto fuori, Mazzini pure e ora naturalmente va eliminato quel poco che resta di Bakunin. Come se non bastasse l’anarchia viene considerata un’utopia, un’astrazione, un’aspirazione in un mondo dominato dal pragmatismo! Insomma l’anarchia? Che non sia mai! E dove andremo a finire? Ma credetemi non è la violenza a bassa intensità esercitata da pochissimi anarchici a dare fastidio al potere ma il laboratorio di critica e di idee, l’esercizio del senso critico e la libertà di espressione, perché un anarchico che si rispetti vede sempre che il re è nudo e lo scrive, lo dice al prossimo. E questo sguardo impietoso, irriverente, straniante di noi anarchici irrita, indispettisce, preoccupa i potenti, che sono sempre suscettibili a qualsiasi forma di dissenso e di critica, anche le più civili e legittime.