Teheran brucia: la rivoluzione iraniana delle donne

Anche oggi sono andate avanti le proteste degli e delle iraniane contro il regime dittatoriale. Le parole chiave delle proteste sono “morte al dittatore” “Seyed Ali è rovesciato” (Seyed Ali Khamenei, Guida Suprema dell’Iran).

I manifestanti hanno il controllo delle piazze, anche quelle della capitale Teheran. Nella giornata di ieri abbiamo visto la polizia sparare sui manifestanti, picchiare i manifestanti nella metropolitana. Nei video condivisi oggi dai partecipanti alle manifestazioni non sembra esserci traccia e presenza di polizia. Anzi, sembra che siano i manifestanti a dare la caccia a rappresentanti del governo e poliziotti.

Le proteste sembrano essersi trasformate in un processo di trasformazione irreversibile. Le manifestazioni hanno superato l’iniziale timidezza dei primi giorni di protesta dopo l’assassinio di Mahsa Amini. I manifestanti scendono in piazza con più determinazione dopo la repressione brutale del regime teocratico.

Le province curde sotto il controllo dei manifestanti

Teheran brucia, ma non brucia solo la capitale. Nella città curda di Bukan, al confine con l’Iraq, i manifestanti sono riusciti ad avere la meglio in scontri con le forze governative. Nelle province curde la ribellione è maggiore per questioni etniche. Ma alla radice delle rivolte c’è un rifiuto della teocrazia islamica che è andato crescendo nelle ultime settimane. La protesta delle donne è diventata la protesta degli studenti e degli uomini che immaginano un futuro diverso.

A Bukan i manifestanti hanno preso il controllo del palazzo comunale. Nella stessa città i manifestanti hanno dato fuoco alla casa e all’auto di un agente governativo, dopo averlo catturato. Ma le notizie e l’avanzata della rivoluzione non riguarda solo Bukan e le città a maggioranza curda.

A Gorgan i manifestanti hanno dato fuoco all’ufficio di Ramzan Ali Sangdwini, rappresentante del popolo nel Consiglio Islamico della città a Nord dell’Iran.

Le notizie che arrivano dall’Iran, dimostrano che non è in atto una semplice manifestazione con lo scopo di chiedere al governo maggiori diritti e garanzie. La rivoluzione è in atto, le forze governative non riescono a controllare le piazze e a difendere i palazzi governativi. I manifestanti vanno a caccia di agenti della polizia e collaboratori del regime che evidentemente si sono macchiati di crimini contro le donne.

Nel frattempo la stampa italiana riporta la notizia che la nazionale di calcio iraniana non sa se canterà l’inno nazionale durante le prossime partite. L’argomento più futile di questi giorni di protesta e sollevazione popolare. La rivoluzione è iniziata e non si fermerà.

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