Articolo di Antonio Castronuovo
Significativo il modo con cui Jules Lermina (1839-1915) chiude il suo Abc du libertaire: «Concludo, caro Compagno, raccomandandoti di non permettere a te stesso di considerare questo piccolo manuale come un vangelo. Siamo troppo inclini ad attribuire alla carta stampata un carattere in qualche modo sacro. Non ho inteso, sollevando tutte queste domande, incitarti a studiarle: solo chi s’è fatto da se stesso è un vero libertario. Ti ho semplicemente mostrato lo strumento del rinnovamento mentale: tutti i dogmi sono riassunti in uno solo, vale a dire che non ci sono dogmi». Una chiusa che cumula vari messaggi: il credo essenziale dello spirito libertario è riconoscere che non ci sono dogmi; la sensibilità libertaria deve farsi da se stessa e non inclinare troppo alla carta stampata, anche se poi il momento pedagogico della lettura e dello studio è, per un libertario, irrinunciabile.
In altre parole, L’abc del libertario ora tradotto per Stampa Alternativa in un agevole “Millelire”, vuole essere proprio un primitivo abbecedario di idee destinato ad anarchici debuttanti, una guida pratica intesa a risvegliare le coscienze assonnate, a mostrare come l’autorità sia sempre immorale e vada combattuta in tutte le sue forme. Ma dopo aver insegnato come l’autorità sia istituita solo per salvaguardare e perpetuare le disparità sociali questo minuscolo libretto mostra tutta la sua carica pragmatica, la forza di indurre a «farsi da se stessi».
Il testo scorre come un affabile colloquio con un “Compagno” cui Lermina si rivolge con la maiuscola, suggerendogli quella igiene introspettiva che guidi progressivamente a uno stato di perfezione ideale, facendo dell’anarchismo una sorta di esercizio personale e spirituale, un tragitto per liberarsi dall’egoismo e da ogni genere di fede irrazionale. Il bersaglio principale è il concetto di “proprietà”: un male che usurpa l’appartenenza a tutti della terra e dei frutti che da essa si ottengono con il lavoro. L’altro male imposto agli uomini è l’autorità; e qui emerge l’idea di fondo squisitamente anarchica: la necessità morale di ribellarsi a tutte le forme di autorità, opponendosi a tutto ciò che ne contiene i germi: il concetto di Dio, il capitalismo, i regimi politici tirannici, lo Stato.
Il testo fu redatto da Lermina – scrittore e giornalista francese di idee repubblicane e socialiste – nel 1906 nella colonia di Aiglemont, villaggio delle Ardenne presso il confine col Belgio. Fondata nel 1903 dallo scrittore parigino Fortuné Henry, la colonia era presto diventata non solo un luogo che attrasse la curiosità (come quella del premio Nobel Anatole France, che volle visitarla), anche una cellula di agitazione politica e divulgazione delle idee. La colonia stampava delle brochure per distribuzione interna, e in tale forma uscì L’abc del libertario, fascicolo oggi rarissimo se non introvabile. Il testo fu ripreso nel giornale «Le Libertaire», ripubblicato lungo gli anni Trenta e presente nella moderna editoria francese. Non in quella italiana, lacuna oggi colmata mediante questa gradevole edizione preceduta da una breve prefazione storico-contenutistica.
La lettura costituisce una bella scoperta: quel che in prima battuta sembra un lieve testo pedagogico, si sviluppa in una prova di pungente virulenza libertaria ed egualitaria. Una magnifica lettura che ci riporta a un momento storico di grande vivacità delle idee, quando una mente anarchica radicale, uno squisito spirito agitatore poteva ancora pensare a un avvenimento di libertà come l’abolizione del capitalismo, immenso disegno a cui L’ABC del libertario concorre suggerendo le basi per educarsi – almeno – a pensarlo.
Jules Lermina, L’ABC del libertario, Stampa Alternativa, 2019