Un poco di mondo (racconto brevissimo)…

È domenica pomeriggio. Mi telefona Lele. Mi chiede se ci vediamo. Ci diamo appuntamento al solito bar a metà strada. È in ritardo. Mi tocca aspettarlo. Entro nel locale e mi bevo una birra. Arriva dopo dieci minuti. Ci salutiamo. Ci mettiamo a parlare dei nostri problemi, incuranti della gradevole musica in sottofondo, del viavai dei clienti, che vanno alle slot-machine o che si siedono anche loro in un angolo a sorseggiare alcolici. Poi andiamo a camminare fuori. Ci fermiamo a una panchina in una piazza. Le parole scorrono in grande libertà senza alcuna inibizione, senza alcun freno. È una bella giornata di sole e questo ci rallegra. C’è una gattara di mezza età poco distante, che dà da mangiare e parla alle bestiole. Lele mi dice che alle 7 vuole andare alla messa. Ha in mano un libro di Bisotti. Mi dice che ogni volta che va a camminare sull’argine se lo porta con sé e si mette a leggere qualche pagina su una panchina. Ci salutiamo, dopo aver parlato per un’ora, esserci confidati reciprocamente dei segreti, aver parlato delle nostre magagne, esserci infervorati, aver ricordato i bei tempi andati, aver detto che il tempo vola via e se ti volti indietro ti accorgi che ti restano solo fotogrammi sbiaditi e che tanti voci, tanti volti si sono persi per sempre, sono sfuggiti irreprensibili nel niente. Ritorno al bar, l’unico della zona aperto in quella zona. Prendo un’altra birra. Mi metto a parlare con una tipa, che di solito è ricettiva, mi considera, ma ora non si cura di me, forse perché ho bevuto più del dovuto, forse perché ha la luna storta. Il giorno dopo mi alzo presto. Ho già sistemato la borsa con molto anticipo. Ho il treno alle 6:43. Adocchio una bella ragazza. Ci guardiamo per poco, poi distolgo lo sguardo perché non ho più 30 anni e non sta bene. Ha un trolley con sé. Salgo sul treno ed è strapieno. È da 15 anni che non faccio una vacanza, che non prendo un treno. Il treno ora è a due piani, a differenza di anni fa, ma è stracolmo. Fatico a trovare un posto a sedere. Alla fine ci riesco. Noto subito al primo colpo d’occhio che nessuno legge un quotidiano o un libro. Tutti sono connessi col telefonino oppure hanno delle cuffie all’orecchio. La ragazza accanto guarda dei video su Youtube per tutto il viaggio senza guardare mai fuori dal finestrino. Un tempo almeno era bello viaggiare in treno perché si chiacchierava tra sconosciuti oppure si ammirava ameni scorci di paesaggio. Sono cambiate tante, troppe cose in quindici anni, a cominciare dal biglietto che non è più di carta spessa e dalle macchine obliteratrici. C’è più gente in giro. Oppure forse sono aumentati in questi anni i turisti internazionali e gli italiani che viaggiano in treno. Forse un tempo c’era meno crisi economica e le persone viaggiavano quasi esclusivamente in macchina. Arrivo a destinazione. Cerco un albergo vicino alla stazione. Provo in dieci posti. Mi dicono che sono al completo. Non mi piace prenotare tramite Internet. Sono tutto sudato. Ho provato anche in due o tre bed and breakfast, ma non risponde nessuno. Ho suonato il campanello, ma niente di niente. Mi fermo in un bar. Mi siedo al tavolino fuori. Mi bevo due birre e pago 8 euro. Parlo col titolare. Si presenta. Mi dice che si chiama Pasquale ed è originario di Napoli. Mi dice che è un problema trovare una camera in albergo e mi augura buona fortuna. Ci salutiamo. Chiedo informazioni a due ragazze napoletane e loro mi dicono che albergano in un hotel. Loro hanno pagato 90 euro. Mi chiedono se voglio provare a chiedere se hanno un posto nel loro hotel, ma l’albergo è troppo lontano. Alla fine quando ormai avevo perso la speranza e mi ero rassegnato a lasciare la borsa al deposito bagagli e stare tutta la notte sotto stazione, trovo un posto. Mi chiedono 100 euro più la tassa di soggiorno. Mi sistemo in camera. Sto due ore a guardare il soffitto nella penombra. Poi vado in bagno a cacare. Mi lavo tutto e mi cambio la camiciola, i calzini. È tutto elettronico ormai. Mi metto a parlare con una bella ragazza delle pulizie. Sento che è dell’Est, ma non capisco di dove e non lo chiedo. Vorrei provarci, ma mi sembrerebbe di approfittarmene e perciò lascio stare, così la saluto. Vado a giro per la città (non importa che dica quale). Mi perdo, mi confondo, mi immergo in un mare di gioventù, in una fiumana di gente, di umanità (la più varia). Penso che forse sono troppi gli stimoli sociali, le impressioni per uno come me che passa molto tempo in casa per risparmiare e che vede, che parla con pochissime persone, sempre le solite. Mi viene spontaneo fare il paragone tra quella città oggi e la stessa città visitata 25 anni fa, ma è impossibile sapere la verità perché allora ero molto più giovane io e anche la città. Cammino 5 km. Vado in centro. Arrivo anche in un posto malfamato. Ho paura che qualcuno mi punti un coltello alla gola e mi rapini. Arrivo in un parcheggio, forse luogo di ritrovo di scambisti, di guardoni, di esibizionisti ed esibizioniste. C’è una bella bionda in una macchina. Mi avvicino. Ha il finestrino aperto. L’approccio. Mi chiede se sono italiano e quando rispondo affermativamente mi dice che gli italiani non le interessano. Mi fermo a riposarmi per cinque minuti e vedo che la bionda fa salire un immigrato nordafricano e mette in moto. Ritorno in albergo. Ogni tanto mi fermo a prendere qualcosa in un bar. In un locale mi metto a parlare con una barista. Forse ci sta. Probabilmente no. Avrei bisogno di più tempo per capirlo. Un giorno non basta. Realisticamente parlando è quasi impossibile trovare una donna che ci sta per una sera, almeno per me che non ispiro sesso. Mi fermo a mangiare a poche centinaia di metri dall’albergo in un ristorante che fa piatti tipici e cucina casareccia. Spendo 30 euro. Ritorno in albergo. Mi lavo e mi cambio di nuovo. Mi lavo i denti. Ho ancora una carie, ma non mi fa male. Mi metto in pigiama. Sto sei ore al buio. Ogni ora mi alzo e vado in bagno a bere un bicchiere d’acqua e penso che anche se non trovo nessuna, è così bello essere liberi in modo quasi assoluto, andare a zonzo in un posto dove nessuno ti conosce e stare ore intere con le palle in mano in albergo in religioso silenzio senza fare nulla, senza nessuno che ti disturbi. Poi passo un’ora al telefono con Lele. Quindi mi vesto e vado a cenare. Mangio un primo, una pizza, l’acqua, una Coca-Cola. Spendo 25 euro. Ritorno in albergo. Ho le chiavi ed è sempre aperto. Me ne sto 2 ore in camera. Prendo il sonnifero. Mi metto in pigiama e cerco di dormire, ma ci sono due giovani ragazze nella stanza accanto che stanno a parlare e ridere tutto il tempo. Telefono a casa e dico che va tutto bene, che richiamo domani. Sono stanco e ho dolori su tutto il corpo. Così prendo il Brufen e mi passa tutto. Mi rivesto perché non riesco a prendere sonno. Vado a camminare fuori. Sono le 11 e mezzo. Cammino vicino alla circonvallazione. Ci sono diverse prostitute. Alcune mi guardano. Due cercano di approcciarmi. Ma sono troppo care economicamente e desisto. Ho i soldi contati. Ritorno in albergo e questa volta dormo qualche ora. Mi sveglio prestissimo. Vado fuori a cercare un bar aperto. Lo trovo e prendo un cappuccino. Ritorno in albergo. Dopo un’ora e mezzo faccio colazione in albergo. Lascio la camera molto presto, anche se il check out è alle 11. A Firenze alcuni bambini cercano di fregarmi il portafoglio. Durante il viaggio di ritorno l’unica cosa degna di nota è una ragazza cinese, poco più che ventenne, seduta accanto a me, che si tocca per due, tre minuti. Ma non ho tempo di conoscerla perché sono arrivato a destinazione. Penso che io non sono per niente piacente, ma a volte con le donne basta semplicemente esserci. E penso anche che per un giorno e mezzo ho viaggiato in piena libertà, sconnesso da Internet. Forse è questo che Heidegger all’atto pratico intendeva con essere nel mondo. Mi sono aggiornato. Ho visto un poco di mondo. Ho vissuto un poco di mondo. Ma ormai sono affezionato al mio angolo di mondo a Pontedera. Così quando ritorno a casa sono contento.

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Nato nel 1972 a Pontedera. Laureato in psicologia. Collaboratore di testate giornalistiche online, blog culturali, riviste letterarie, case editrici. Si muove tra il pensiero libertario di B.Russell, di Chomsky, le idee liberali di Popper ed è per un'etica laica. Soprattutto un libero pensatore indipendente e naturalmente apartitico. All'atto pratico disoccupato.

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