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My darling from the lions è la raccolta poetica di debutto di Rachel Long, poetessa londinese, fondatrice di Octavia Poetry Collective for Womxn of Colour. La raccolta è stata pubblicata da Picador Books nel 2020. Le poesie al suo interno parlano di identità e di salvezza, si avvicinano all’universale e al quotidiano. La penna affilata di Rachel Long tocca tante tematiche dell’attualità politica razziale sociale sessuale familiare attraverso un racconto intimo ironico ma anche onesto e oltraggioso.
Una porta tra le pieghe dell’io
Nella prima delle tre parti della raccolta intitolata Open si inseriscono a scandirne il ritmo cinque simili mini poesie, tutte chiamate Open, che descrivono l’esperienza dell’io narrante in uno stato di quiescenza. Ognuna di queste mini porte muta quasi impercettibilmente pelle man mano che la narrazione si arricchisce e ci pone davanti a quella che sarà una delle caratteristiche principali della raccolta: l’uso del dialogo come strumento poetico:
“This morning he told me I sleep with my mouth open and my hands in my hair. I say, What, like screaming? He says, No, like abandon.”
Il poeta addormentato deve fare i conti con chi osserva la sua posa e affidare la propria intima lettura all’interlocutore: un amante, una madre, un’amica fino al definitivo osservatore-lettore:
“This morning she told me I sleep with my mouth open and my hands in my hair. I say, What, Mum, like screaming? She says, No, baby, like abandon.”
A cambiare può essere soltanto il pronome, quindi l’interlocutore con cui l’io poetico di volta in volta si trova a scambiare queste battute o, tutt’al più, l’azione conclusiva descritta nel dialogo. Dalla prima piccola porta, che si è ripetutamente aperta come un mantra, si arriva all’ultima che, aprendosi per l’ultima volta, chiude la prima sezione della raccolta:
“Tonight he told me I fell asleep in the chair with my head back, my arms tight at my sides. I say, What, like bracing for impact? He says, No, like working something out with the sky.”
La contraddizione dell’identità poetica
Il sonno, la veglia, la coscienza e l’incoscienza si rincorrono all’interno di tutta la raccolta. L’identità poetica scivola tra le pagine, si sdoppia e, a volte, si separa dal corpo quasi a voler separare il dolore dal corpo poetico:
“Last night, I missed my train by seconds. So close that one part of me did catch it and waved from the window to the other half still panting on the platform, tits play-doughing out of a shit bra. […] Today, I’m assuming the recovery position in my favourite outfit - a jumper with no knickers, the perfect hot/cold combo, like a bowl of baked crumble and ice cream. […] After that I had a sleep-dream in which I grew a bright green face; Granny-smith hued, high polished. And even though I was green, I was The Most Beautiful Woman in the World.” tratto da Apples
Ma soltanto nella seconda sezione del libro, una sensazione di disagio si insinua senza chiedere autorizzazione. Questo è lo stile di Long, una scrittura schietta, diretta che non si serve di fronzoli. L’autrice racconta la sessualità femminile emergente, la scoperta del corpo dell’altro, senza farne un tabù:
“She’s 6, I’m 8. Or she’s 8, I’m 10. […]Now, I touch you then you touch me. No, I don’t want to. Why not? You have to. She gags, yours is hairy, monster. […] Yours’ll be a monster soon. Won’t! Just you. True. Between her legs is so light and clean.” tratto da Red Roof
Il disagio che si prova leggendo molte delle poesie in questa parte della raccolta rende esplicita la necessità di tendere l’orecchio ad altre storie di eguale spessore che possano educare il lettore, l’ascoltatore all’esperienza altrui. Long si mostra vulnerabile e fa della sua vulnerabilità uno strumento poetico fine, ma onesto.
Non mancano i riferimenti artistici, come quello alla foto Communion dell’artista Deana Lawson in cui sdogana una volta per tutte la questione politica dei capelli delle persone di colore:
“Behold the miracle of afro hair. Blackness so complete you could put your hand in, never get it back. Recognise the shark eyes of boredom, the dial of two women tending to every hair on your head cussing a curve into a needle, thick thread spooling, the scissors are just there but teeth are closer.” tratto da Communion
Non tutti i tratti della raccolta sono duri, schietti e politici. Nel marasma delle ingiustizie e della volontà di riscatto si intravedono anche attimi di tenerezza:
“Some long journeys back, Mum would lay her hand over Dad’s on the gearstick, their wedding rings glinting like mouths not used to smiling.” tratto da Car Sweetness
Nel labirinto della memoria
Nella terza ed ultima sezione della raccolta, intitolata Dolls, Long fa un salto nei ricordi d’infanzia, li rende vividi, li politicizza.
La tematica razziale viene esplorata in tutte le parti del libro, ma nella terza ed ultima parte, scavando nei ricordi d’infanzia, assume completamente il controllo e tramite degli insoliti punti di vista ci mette di fronte alla piaga che dilania ancora oggi la nostra società. Ad aprire la sezione una immaginaria, ma plausibile, intervista con una Barbie bianca razzista, che tramite la satira prende per i fondelli la tanto amata bambola:
“My Kenny had an army jeep, which he got for an absolute steal from (sips tea) a neighbour. He said when I rode in it, I became even more perfect. The contrast! - my angel face against the camp. […] Steve wore bright red swim shorts. Too bright. Everything about those people is so … you know? Ken ripped those right off, my brave bull, tossed them into the sea. Steve was so black he never bruised, I mean crime went up in the area!” tratto da Interview with B. Tape II
La Barbie razzista che parla in prima persona riflette dunque su Steve, l’equivalente di colore del più famoso Ken, che è appena arrivato nel loro quartiere. L’orrido umorismo della odiosa Barbie si trasforma nella poesia successiva in inspiegabile violenza:
“was the black one mum must’ve bought him for us we wouldn’t have asked for him he was ugly of course he fancied princess barbie but her blue sparklies were strictly for ken […] ken would beat steve up for fun till past bedtime we’d wake to find steve sprawled on the daisy carpet butt-naked the beatings got worse slashes across rubber legs” tratto da steve
La necessità di una voce audace
Ho particolarmente apprezzato la raccolta di Rachel Long, perché le ho creduto profondamente dalla prima all’ultima parola. Ciò che maggiormente traspare, oltre ad un talento per la narrazione poetica davvero unico, è l’onestà e la franchezza del dettato. Non c’è artifizio, la struttura non soverchia il contenuto e il contenuto ti spiazza e ti rinfranca nello stesso momento.
Quella di Rachel Long è una voce forte, sensuale, coraggiosa che non ha paura del ridicolo né del pericolo. Dovremmo fare i conti più spesso con chi ci racconta ciò che ancora facciamo fatica ad ascoltare: Rachel Long ha il talento e l’audacia della necessità.
Consiglio questa lettura a tutti, nessuno escluso. Ai più giovani perché imparino che l’onesta della lotta è un valore, agli anziani perché se ne ricordino e a tutti gli altri perché continuino a crederci.
L’autrice
Rachel Long è una poetessa londinese e fondatrice di Octavia Poetry Collective for Womxn of Colour, con sede a Southbank Centre a Londra. My darling from the lion è stata selezionata per il Forward Prize for Best First Collection 2020, per il Costa Poetry Award, per il Rathbones Folio Prize.
Nel 2013, Long ha partecipato al programma di sviluppo artistico di The Writing Room, già in quella occasione le era stato riconosciuto un talento notevole. Dal 2015, Rachel è stata selezionata come co-tutor nel programma di scrittura poetica Barbican Young Poets. Nello stesso anno, è stata insignita del prestigioso premio Jerwood/Arvon Mentorship, che le ha permesso di fare da mentore alla poetessa Caroline Bird.
Rachel Long ha pubblicato poesie in diverse riviste letterarie e una delle sue poesie è apparsa nella antologia dedicata all’amore di The Emma Press (potete trovare la mia recensione della raccolta qui)
Grazie al supporto di Apples and Snakes, Long ha fondato nel 2015 il collettivo poetico per donne di colore Octavia Poetry Collective for Womxn of Colour come risposta alla grave mancanza di inclusività e rappresentazione nei canali letterari ed accademici. Il collettivo Octavia Poetry ha tenuto letture al Barbican Centre, alla Tate Gallery, al Latitude Festival e seminari all’Università di Oxford e alle Serpentine Galleries.
Ripetere che è bravissima e che ci fa scoprire cose altrimenti sconosciute è il minimo.
Per cui ripeto: BRAVISSIMA e GRAZIE