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Un saggio sul ruolo degli esperti, dopo la contrapposizione tra scienza e anti-scienza del periodo pandemico, e la loro interazione con la politica e le comunità locali.
Recensione di Ermando Ottani
La raccolta dei saggi che compongono questo volume affronta la tematica, quanto mai insidiosa ed attuale per l’acceso dibattito sollevato dalla pandemia, relativa alla forzata contrapposizione tra scienza e anti-scienza. Dopo aver sottolineato che teorie e visioni epistemologiche, dichiaratamente progressiste, rendono comunque cieca la scienza al suo stesso sviluppo, cioè alle modalità storiche in cui si sono sviluppati i criteri (oggettività, consenso, fatticità) di realizzazione del procedimento scientifico, gli autori del primo saggio, Pietro Daniel Omodeo e Lukas Meisner, ci mostrano che i tentativi più conservatori di tener vivo il darwinismo sociale e di minare la democrazia trovano ampio spazio nelle teorie scientifiche.
I due autori, d’altra parte, rifacendosi alle ricerche della Scuola di Francoforte e criticando il criterio falsificazionista di Popper, individuano positivismo e postmodernismo come una coppia solo apparentemente dicotomica, impregnata cioè della stessa ideologia funzionale a logiche di profitto e all’affermazione di un regime eteronomo, sostenuto da tecnocrazia esperta ed autoritarismo populista.
Scienziate femministe e standpoint theory
Di apprezzabile impostazione il secondo saggio di Francesca Putignano, il cui contributo si muove dalle riflessioni sviluppate da scienziate femministe, come Sandra Harding e Hilary Rose. Queste ultime hanno sviluppato, in particolare, la standpoint theory, mostrando come una scienza che si dichiari neutrale ed oggettiva molto spesso produca discriminazioni, per coprire invece interessi specifici di soggetti dominanti. In tal senso, secondo Putignano, le standpoint theory possono attivare analisi sociali inclusive, in grado di costruire una visione scientifica, non più oggettivata e totalizzante, che nella sua criticità e parzialità possa dare forma a pratiche epistemiche di carattere democratico e collaborativo.
Autorità epistemica ed expertise
Nel terzo saggio di Massimiliano Badino viene proposta un’analisi critica dell’epistemologia analitica che si focalizza su autorità epistemica ed expertise, per incorporare nell’analisi fattori di carattere sociale e politico. Badino mostra come le componenti sociali e politiche dell’expertise siano caratteristiche intrinseche del sapere, e non necessariamente prive di virtù. Infatti, un esperto si può considerare come tale quando dimostra di trasmettere fiducia, apertura mentale, autorevolezza e quando, non da ultimo, entra in sintonia con i valori dei soggetti che dipendono da tale sapere.
Medicina Democratica e i movimenti di lotta per la salute
Il quarto testo di Angelo Baracca è un saggio centrale che raccoglie esperienze decennali prodotte nell’interazione tra scienziati e comunità locali, per difendere la salute, per proteggere l’ambiente, e per dare forma a pratiche democratiche partecipate di gestione politica e tecnoscientifica.
Il lavoro di Baracca recupera la memoria storica delle alleanze che, a partire dal 1968, si realizzarono tra scienziati ed altri soggetti sociali, su una linea che metteva in crisi la scienza ufficiale, impegnata a sostenere politiche industriali discriminatorie nei confronti dei lavoratori. In questo contesto, va collocata l’opera di Giulio Maccacaro, fondatore e protagonista di Medicina Democratica, un movimento di lotta per la salute, che si adoperò per estendere i benefici dell’epidemiologia a soggetti e popolazioni esposte ad elementi ambientali nocivi, ed anche per criticare, attraverso l’applicazione della legge Basaglia, le pratiche psichiatriche più totalizzanti.
Esperti e politica
Il quinto saggio di Paolo Volonté ci introduce, invece, nell’intricato ambito della relazione tra esperti, sapere scientifico, decisori politici e utenti. L’autore mostra che nella letteratura specialistica l’expertise è caratterizzata come attività discutibile e contestata, specialmente quando decisori politici ed esperti si rimpallano responsabilità di carattere politico. Volonté riprende il lavoro di Sheela Jasanoff per connotare l’expertise come ambito non scientifico in cui entrano gli scienziati, cioè ambito in cui gli scienziati dovrebbero agire come analisti che si basano su pratiche ed esperienza che gli scienziati non hanno.
Esperti e comunità locali
Nel sesto saggio, analizzando i lavoro di due autori di riferimento per gli Science and Technology Studies, cioè Bruno Latour e Harry Collins, Alvise Mattozzi introduce un tema chiave nella relazione tra scienze e il resto degli ambiti sociali, ovvero quello dell’inclusione delle comunità locali nel dibattito degli esperti, che sempre più prendono decisioni che riguardano la vita quotidiana delle stesse comunità.
Secondo Mattozzi, al contrario di Collins, Latour considera l’interazione tra scienza e politica in modo più
dinamico, cioè come continua negoziazione tra comunità, i cui linguaggi, finalità e ordini pur differendo, possono tuttavia dialogare. Gli Science and Technology Studies sono, sempre per Latour, un’area di ricerca concepita come arena della negoziazione e del dialogo, dove si costruisce un percorso di comprensione e conoscenza operato dalle diverse comunità di esperti e non esperti, con il fine di creare spazi sociali condivisi. Il testo/conversazione multidisciplinare tra Roberta Raffaetà, Sara Agnelli e Carlo Martini propone angolazioni tratte dall’antropologia, dalla storia e dalla filosofia sulle questioni della post-verità e della post-genomica.
Gli autori chiariscono che il caso della postgenomica e quello della post-verità sono casi rilevanti per capire l’expertise, poiché mettono in crisi i paradigmi tradizionali della conoscenza scientifica e del rapporto tra esperti e società.
Esperti e politiche del welfare
Nel suo capitolo, Davide Caselli, a partire dai dati da lui raccolti nell’ambito di una ricerca empirica – sviluppata tramite gli strumenti dell’osservazione partecipante – dedicata alle dinamiche di funzionamento delle politiche del welfare e al ruolo in esso giocato dagli esperti, riflette
sull’intrinseca politicità dell’expertise. Caselli è, in particolar modo, interessato a mettere a fuoco come la definizione stessa della società sia costantemente oggetto di negoziazione fra agenti sociali diversi.
Femminismo materialista e scienze naturali
Il capitolo finale di questa raccolta, redatto da Cat Moir e Charles Wolfe, opera una lettura critica del nuovo femminismo materialista e della sua relazione con le scienze naturali e l’ontologia politica: gli autori si interrogano su quali possano essere i soggetti che hanno autorità per dire cosa è reale, su quali processi epistemici portano tali soggetti a prendere la parola, su quale possa essere il ruolo del femminismo e delle scienze naturali nel nominare, e dunque descrivere, il mondo e, infine, su quale consapevolezza politica possano guadagnare le femministe nella loro relazione con le scienze naturali.
In conclusione, Moir e Wolfe riflettono criticamente sulle istanze del nuovo femminismo, solo apparentemente emancipatorie, per recuperare invece il bagaglio della prima ondata degli studi femministi sulla scienza. Il consiglio dei due autori è, comunque, quello di considerare non solo il portato politico dell’epistemologia, ma anche quello dell’ontologia.