Una dinamica sociale sotto i riflettori: la Deindividuazione

“Normale: aggettivo denso di pregiudizi” 

Zimbardo

I cambiamenti della società  

Nel corso del tempo le interazioni tra una o più membri di una società sono cambiate. In particolar modo quando è subentrata la comunicazione tramite social dove i soggetti sono meno visibili del “caro vecchio” faccia a faccia, in queste interazioni virtuali possiamo affermare che può aver luogo una comunicazione deindividuata. Sappiamo quanto può essere semplice mascherare la nostra identità personale su un social network. Quando abbiamo di fronte una persona stabiliamo una connessione empatica, tramite le emozioni che si manifestano, riusciamo a stabilire un contatto, un legame, si crea un’interazione dove capiamo chiaramente le intenzioni dell’altro o degli altri. Attraverso un mezzo di comunicazione impersonale come uno smartphone o un computer, questo non avviene, o meglio non si produce nell’immediato. È difficile capire se una persona è triste o allegra, arrabbiata o calma tramite WhatsApp. Ci possiamo fidare delle emoticon? È facile mettere una faccina sorridente anche quando si è arrabbiati o malinconici. È facile su Facebook o Instagram assumere diverse personalità, fingere quello che non si è, creare una identità costruita su quello che gli altri vorrebbero tu fossi o realizzarla attingendo dal sé ideale. Ed è altrettanto semplice “agire” da dietro una maschera costruita ad hoc, muovendosi dietro l’anonimato. 

La Deindividuazione, dinamica sociale 

“La visione tradizionale sulla deindividuazione sostiene che ciò comporta un comportamento antinormativo, disinibito e socialmente sregolato (Diener, 1980; Festinger e al. 1952; Zimbardo 1970). Secondo questi autori l’anonimato consentiva una vera e propria violazione di norme sociali. 

Che cosa accade nello specifico in una condizione di deindividuazione? Può cambiare il livello di categorizzazione del sé e quindi si può realizzare un ricorso a pregiudizi e stereotipi; una discriminazione etnica; alla percezione di differenze di status.  

Onlife (termine coniato da Floridi) possiamo creare una identità ad hoc che rispecchi gli ideali o i gusti del gruppo o degli altri come si è già detto, insomma, l’assunzione di un altro sé, un avatar che può causare una Disinibition Effect, questo  può facilitare una disinibizione, il parlare di sé in maniera sincronica o asincronica, dove l’invisibilità ci toglie ogni inibizione.  

Non è sempre Conformismo 

Ai tempi di Zimbardo e del suo esperimento “Effetto Lucifero” però, i social non esistevano, eppure la Deindividuazione preoccupava gli psicologi sociali.  

Zimbardo cerca di rispondere alla domanda che lui stesso si pone: “L’idea che mascherare il proprio aspetto esteriore possa influenzare drasticamente i processi comportamentali ha una qualche validità psicologica?”  

«Il primo esperimento consisteva nel far credere a delle studentesse universitarie, grazie a una credibile “storia di copertura” che stessero somministrando una serie di dolorose scosse elettriche ad altre donne. Avrebbero avuto la possibilità di  somministrare scosse elettriche a ciascuna delle altre due giovani donne che vedevano e sentivano al di là di una finestra a specchio. A metà delle studentesse volontarie è stata assegnata, a caso, una condizione di anonimato, o deindividuazione, all’altra metà una condizione in cui la loro identità era nota, o individuazione. Le quattro studentesse di ciascuno dei dieci gruppi di deindividuazione testati separatamente sono state camuffate con cappucci e ampi camici da laboratorio, e i loro nomi sono stati sostituiti con numeri da uno a quattro. Lo sperimentatore le ha trattate come un gruppo anonimo, non come individui. È stato detto loro che queste procedure avevano lo scopo di occultare il comportamento non verbale, in modo che le altre studentesse non vedessero le loro reazioni. Al gruppo di raffronto, costituito anch’esso da quattro persone, è stato invece distribuito un cartellino con il nome, che manteneva intatta la loro individualità, ma questa era l’unica differenza fra loro e i soggetti del gruppo deindividuato. A entrambe le categorie è stato chiesto di somministrare ripetutamente scosse elettriche a ciascuna delle due “vittime” nel corso di venti prove. La storia di copertura era che le vittime partecipavano ha uno studio sulla creatività sotto stress. Il compito delle studentesse era di provocare lo stress somministrando loro scosse elettriche, mentre io, lo sperimentatore, le sottoponevo al test di creatività nella stanza accanto, al di là della finestra a specchio. A differenza del paradigma di Milgram, non c’era la pressione di un’autorità che l’inducesse a comportarsi aggressivamente, perché io non ho interagito con loro durante la procedura di somministrazione delle scosse elettriche. Le studentesse potevano vedermi attraverso la finestra di osservazione, insieme con le due donne che partecipavano al presunto studio sulla creatività. Inoltre i soggetti non hanno subito alcuna pressione dal gruppo che li inducesse al conformismo, perché stavano in cubicoli adiacenti e separati, senza possibilità di interagire. Infine non c’è stata nemmeno alcuna pressione a seguire il compito per  ottemperare allo scopo dello studio. Se uno qualsiasi dei quattro membri del gruppo avesse somministrato una scossa, la vittima avrebbe manifestato segni di dolore, e quindi si sarebbe creato abbastanza stress da influenzare la sua creatività. Astenersi dal somministrare le scosse, dunque, non significava disobbedire o dissentire: il soggetto poteva semplicemente restare un osservatore passivo delle proprie compagne di gruppo invece di assumere un ruolo attivo. Il comportamento oggetto di studio era la durata della scossa somministrata: per quanto tempo ogni studentessa continuava a tener premuto il pulsante dopo la comparsa del segnale di scosse elettrica. La decisione che dovevano prendere non era se premere o meno il pulsante ma se togliere rapidamente il dito o tenerlo premuto e somministrare alle vittime scosse più lunghe. Ovviamente, potevano scegliere di non seguire la consegna e rifiutarsi di premere il pulsante (non lo ha fatto nessuna). Per creare nella mente delle studentesse che dovevano “provocare lo stress” due atteggiamenti divergenti nei confronti delle vittime, in interviste registrate una era stata descritta come una persona molto gentile, l’altra come una persona sgradevole. In realtà, erano ambedue complici della ricerca, addestrate a fingere di provare dolore quando si accendeva la spia della scossa elettrica e a sembrare convincenti alle studentesse che le vedevano dalla stanza accanto. […] I risultati sono stati chiari. Le donne nella condizione di deindividuazione hanno somministrato due volte più scosse elettriche a entrambe le vittime rispetto al gruppo di raffronto, a cui era stata assegnata a caso la condizione di individuazione. Inoltre le donne anonime hanno somministrato scosse uguali a entrambe le vittime, cioè a quelle che precedentemente avevano considerato gentile e a quelle che avevano considerato sgradevole. Una volta appoggiato il dito sul pulsante, ciò che avevano provato per loro non ha avuto più alcun peso. Inoltre, nel corso delle venti prove hanno aumentato la durata della scossa somministrata entrambe, tenendo premuto il pulsante sempre più a lungo, mentre le vittime si contorcevano e gemevano proprio di fronte a loro. Le donne individuate, invece, hanno fatto una distinzione fra vittima gentile e vittima sgradevole, somministrando alla donna gentile scosse meno lunghe. Che le donne anonime non avessero tenuto conto della loro preferenza per una delle due vittime quando avevano avuto l’opportunità di far loro del male esprime un drastico cambiamento della loro mentalità in questa condizione di deindividuazione. L’incremento delle scosse elettriche, con ripetute possibilità di somministrare le dolorose conseguenze, sembra essere un effetto dell’arousal emotivo. Il comportamento perturbato diventa autorinforzante, in quanto ogni azione stimola una reazione più intensa, meno controllata. Sotto il profilo esperienziale, ciò non deriva da motivazioni sadiche di voler fare del male agli altri, piuttosto dal corroborante senso di dominio e di controllo sugli altri in quel momento».  

Philp Zimbardo, L’effetto Lucifero (Raffaello Cortina Editore)

L’effetto Carnevale di Zimbardo  

deindividuazione

Zimbardo nel suo Effetto Lucifero fa altri esempi di deindividuazione e deumanizzazione che classifica come “Il male dell’inerzia”. Scrive anche della deindividuazione collettiva come estasi, prendendo come esempio i miti dell’antica Grecia in particolar modo il dio Dionisio che rappresentava la lussuria sfrenata, il piacere personale svincolato dai controlli della società: “Appartengono al Regno di Dionisio tutte le condizioni che implicano la perdita della consapevolezza di sé e della razionalità, la sospensione del tempo lineare e l’abbandono a quegli impulsi della natura umana che distruggono i codici di comportamento e responsabilità pubblica”(Zimbardo, L’effetto Lucifero, Raffaello Cortina Editore).  

Il Carnevale Romano 

Le origini del carnevale risalgono alla Roma pagana. Le maschere apparvero con i baccanali, le cui feste sfrenate e libidinose in onore di Bacco chiamato dai greci il dio Dionisio, avevano il compito di nascondere la loro identità o forse, (mi piace pensare) per nascondere i rossori che infiammavano le gote, quando le pratiche viziose avrebbero fatto arrossire anche la persona più sfacciata al mondo.  

Dunque non è sempre colpa dell’avvento delle tecnologie se alcuni atteggiamenti sono non solo inquietanti, ma anche immorali e andrebbero estirpati.  

La parte oscura, quella che divide il giorno a metà, non è la notte, ma mente umana. Sentiamo continuamente la necessità di non essere per poter fare. Di dominare, possedere, di vestire mille e più volti, divenire mille e più persone. In fondo, però, il vocabolario Treccani ci spiega chiaramente l’etimologia del termine “Persona”: Dal lat. Persona; voce probabilmente di origine etrusca, che propr. Significava «maschera teatrale» e poi prese il valore di «individuo di sesso non specificato», «corpo», e fu usata come termine grammaticale e teologico.

Se hai apprezzato questo articolo

Iscriviti

Adesso

Iscriviti alla nostra Newsletter per ricevere un aggiornamento mensile sugli ultimi articoli e approfondimenti.

Non inviamo spam! Leggi la nostra Informativa sulla privacy per avere maggiori informazioni.

Dott.ssa in Discipline Psicosociali. Illustratrice, autrice di libri per bambini e fantasy, racconti, poesie, romanzi. Finalista 2017 del concorso Fiction e Comics, de Ilmiolibro, Gruppo Editoriale l’Espresso con il libro “C’Era Una Volta”. Libri pubblicati sullo stesso sito, Desideri Cristina ilmiolibro.it. Vincitrice del Secondo premio Internazionale di Poesia e Narrativa, Firenze Capitale D’Europa con “La bambola di Giada”. Racconti e favole sono stati inseriti in raccolte antologiche in quanto vincitori di concorsi, quali “Parole d’Italia, Racconti brevi di vecchi e nuovi italiani” indetto dalla Regione Lazio, la favola “Le stelle” selezionata dalla Scuola Holden per DryNites. Vincitrice di svariati concorsi letterari. Ha collaborato con la Montegrappa Edizioni e, per la stessa, ha ideato e curato sette concorsi letterari. Ha illustrato il libro “Sogni e Favole” del romanziere Giuseppe Carlo Delli Santi. Con la Pav Edizioni ha pubblicato il romanzo per la collana psicologica-thriller "La collezionista di vite”. Per la Pav Edizioni e in collaborazione con Gabriella Picerno, psicologa e scrittrice cura le collana 1000 Abbracci. Per la GD Edizioni è co-direttrice (insieme a Gabriella Picerno) della collana pedagogica “Il filo di Arianna”. Cura i concorsi letterari “La Botteguccia delle Favole”, “Lo Zaino Raccontastorie”. Autrice per il blog “Il Mago di Oz”.

Lascia un commento

Your email address will not be published.

Articolo precedente

“Lasciare andare”, il suggestivo diario poetico di Max Deste

Prossimo articolo

Storia della geopolitica ucraina 

Ultimi articoli di Filosofie e Psicologia

Utilizzando il sito, accetti l'utilizzo dei cookie da parte nostra. maggiori informazioni

Questo sito utilizza i cookie per fonire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o clicchi su "Accetta" permetti al loro utilizzo.

Chiudi