Una “sconfitta” che facciamo nostra con orgoglio

Partiamo dai concetti fondamentali: si è trattato di una sconfitta? Pensiamo ovviamente di no. Portare più di 15 milioni di persone al voto in un contesto di disaffezione alla Politica e di scoramento diffuso è un risultato per noi assolutamente incoraggiante.
Ed è un risultato che sentiamo nostro e rivendichiamo con orgoglio. E con “nostro” intendiamo dei comitati territoriali sparsi sul territorio che si sono riuniti nel Coordinamento Nazionale No Triv.
Tanto si è detto sulla genesi di questo referendum, a partire dal fatto che sia il frutto esclusivo di uno scontro tra regioni e governo, su basi finanche personalistiche. È un’analisi superficiale che non risponde al vero. Come comitati abbiamo fatto una scelta, consapevoli di tutti i rischi che avrebbe comportato. Sapevamo di non avere il tempo necessario per una raccolta firme che portasse ad un iter referendario “canonico” ed abbiamo concentrato le nostre energie su un obiettivo che individuavamo più raggiungibile.
Chi ha fatto con noi questo percorso dal principio sa bene quanto sia stato faticoso premere affinché 10 Consigli Regionali deliberassero per quel referendum. È stato un lavoro duro, fatto di assemblee in piazza, di manifestazioni sotto un sole cocente, di iniziative sparse in luoghi che non riusciamo nemmeno a ricordare.
Pensiamo sia giusto e sacrosanto che ci venga riconosciuto quel lavoro, al di là delle partite che le istituzioni ed i politici locali hanno voluto giocarci sopra.
 
Una volta ottenuto il primo obiettivo, davanti a noi si è presentata una battaglia ancora più grande.
Raggiungere il quorum era una sfida che solo chi ha l’abitudine di lanciare il cuore oltre l’ostacolo poteva cogliere.

Avevamo tutto e tutti controun governo amico delle lobby petrolifere, come hanno testimoniato le intercettazioni del ministro Guidi, che ha provato in tutte le maniere a boicottare il referendum, prima non accorpandolo alle amministrative e poi convocandolo nella prima data utile, in modo che non potessimo organizzare una campagna informativa adeguata; la maggior parte dei media nazionali che ha concesso pochissimo spazio alle ragioni del “sì”, arrivando a diffondere informazioni falsissime poche ore prima del giorno delle votazioni; il folle fuoco amico di chi ha prodotto un altro quesito referendario sulle trivellazioni petrolifere(peraltro secondo noi palesemente anticostituzionale) a ridosso del 17 aprile. 

La campagna referendaria è stata portata avanti da diversi soggetti, ma le letture post-referendum sul voto e sul percorso vedono come unico soggetto sul bancone degli imputati il movimento notriv.

E quindi eccoci qui, il 18 aprile “la musica è finita, gli amici se ne vanno”. Noi no. Ci intestiamo con orgoglio il risultato del 31,18%, contenti di aver portato ad esprimersi in maniera evidente e franca più persone di quante abbiano votato il principale partito di governo. E da qui troviamo nuova linfa per rilanciare il nostro lavoro.

Come comitati ci riconvocheremo nei prossimi mesi in un’assemblea nazionale e successivamente altre regionali, per pianificare assieme nuove strategie e percorsi comuni.
Il Coordinamento NoTriv Terra di Bari concentrerà maggiormente i propri sforzi contro il progetto Tempa Rossa, che vuole sacrificare ancora di più Taranto sull’altare dei profitti di pochi e sul quale Emiliano non può sperare di fare orecchie da mercante, e per la richiesta alle autorità competenti di un controllo delle acque dell’invaso lucano del Pertusillo che rifornisce l’Acquedotto Pugliese e della pubblicazione dei risultati delle analisi.
Le nostre modalità saranno quelle che ci hanno sempre contraddistinto: trasparenza, apertura ed organizzazione dal basso. Perché questa è per noi Politica, con la “P” maiuscola.
Ciaone.

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