Pier Paolo Pasolini: cinquant’anni oltre il sogno e il sangue

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Il 2 novembre 1975, sulla spiaggia dell’Idroscalo di Ostia, il corpo di Pier Paolo Pasolini trovò la sua fine terrena. Oggi, a cinquant’anni da quella notte brutale, il vuoto lasciato dalla sua assenza non è affatto una mancanza, ma una presenza che pulsa, profetica, nel cuore del nostro presente. La ricorrenza non è una semplice commemorazione, ma la dolorosa constatazione di quanto la sua voce, stroncata con violenza, risuoni oggi più urgentemente che mai in un’Italia e in un’Europa che sembrano aver disimparato, ancora una volta, la lezione della Storia.

Il Tempo Circolare e la Scena Immutabile: “Il Sogno di una Cosa”

Prendiamo a prestito il titolo del suo primo romanzo, completato nel 1949 e pubblicato nel 1962: “Il sogno di una cosa”. Non è solo il racconto della vita, degli amori e delle difficoltà dei giovani contadini istriani nella Trieste del dopoguerra, tra la speranza di una riforma agraria, l’attrazione per il comunismo e la dura realtà di un’esistenza in bilico. È, soprattutto, una metafora della condizione umana incagliata in un tempo che non passa, ma scorre ripetendosi.

Pasolini, attraverso gli occhi di questi giovani, disillusi eppure animati da una “fame di vita” quasi sacra, ci mette di fronte all’illusione del progresso lineare. Le scenografie mutano: i campi istriani si sono trasformati in periferie metropolitane, il linguaggio dei giovani è passato dal dialetto al neovolgare televisivo, i partiti si sono sciolti e ricomposti in sigle irriconoscibili. Mutano gli attori, sì, ma il dramma resta lo stesso. La Storia è un loop infinito dove la speranza è sempre tradita dalla forza inesorabile del potere e dell’omologazione.

Questo è il cuore della sua lungimiranza: la capacità di vedere che sotto la vernice del boom economico, della tolleranza apparente e del benessere consumistico si nascondeva un meccanismo di controllo molto più capillare e distruttivo di qualsiasi fascismo storico. Il potere, per Pasolini, non si manifestava più nella violenza aperta, ma nella capacità di “annullare” le differenze, di sedare le coscienze, di trasformare i singoli in masse indistinte di consumatori acritici.
La nostra epoca, in questo senso, è l’apoteosi del fenomeno che in psicologia è definito “Presentismo”: una condizione mentale e culturale che enfatizza in modo esagerato il momento attuale, ignorando o distorcendo il passato e rendendo difficile proiettare un futuro autentico. Viviamo nel “qui e ora” assoluto del feed digitale e della notizia lampo, soffrendo di una memoria storica cortissima che ci impedisce di imparare dagli errori già commessi. Ricaschiamo negli stessi polarismi, nelle stesse isterie collettive, nelle stesse fascinazioni per il “capo” o per la soluzione semplice, perché abbiamo dimenticato che il passato è pieno di moniti gridati. Pasolini, il poeta che aveva fatto della memoria e della tradizione (il mondo contadino, il sottoproletariato) il suo baluardo, è il più grande antidoto a questo male.

L’Intellettuale scellerato: impegno politico e attualità sconvolgente

L’impegno politico e sociale di Pier Paolo Pasolini fu un atto dirompente, un’abiura costante di ogni facile compromesso. Egli non fu mai un intellettuale organico, ma un “corsaro” che navigava contro la corrente. La sua militanza, pur avendo avuto radici nel Partito Comunista Italiano (dal quale fu allontanato per moralismo borghese, salvo poi restarne un compagno critico e dolente per tutta la vita), fu innanzitutto un’etica, un’estetica e una “scandalosa” coerenza.
I suoi ideali non erano formule astratte, ma l’amore viscerale per ciò che era autentico e non contaminato: la cultura popolare, il mondo dei “ragazzi di vita”, la purezza violenta del sacro. Era un marxista eretico, un cattolico ateo, un tradizionalista rivoluzionario. Il suo è l’impegno di chi sa che la lotta è persa in partenza, ma lotta lo stesso per dovere morale, per l’onore della verità.
Quanta della sua visione è oggi incredibilmente attuale?

La critica al “Nuovo Potere” e all’omologazione

Pasolini aveva capito che il vero genocidio non sarebbe stato compiuto con i carri armati, ma con la televisione e la merce. La sua denuncia della mutazione antropologica degli italiani, trasformati da popolo di civiltà pre-industriale (con i suoi valori e le sue sacralità) a massa di consumatori indifferenziati, è la fotografia esatta del nostro presente digitale e globalizzato. La sua furia contro l’omologazione linguistica e culturale è la medesima che oggi potremmo rivolgere all’appiattimento algoritmico e al linguaggio semplificato dei social media.

L’attacco alla borghesia e alla classe dirigente

I suoi articoli sui “Corriere della Sera”, raccolti poi in “Scritti Corsari” e “Lettere Luterane”, sono sferzate morali che, se pubblicate oggi, farebbero tremare le fondamenta del potere. Pasolini denunciava la corruzione morale e politica della classe dirigente democristiana, l’ipocrisia della magistratura e dei media. In un momento politico tanto delicato, caratterizzato da populismi polarizzanti, da una crisi etica della rappresentanza e da un uso massivo della MENZOGNA come strumento di governo, le sue parole sulla necessità di un risveglio etico rimangono il più potente invito alla resistenza intellettuale.
L’Ecologia e la Sacralità della Natura: Pasolini fu uno dei primi a denunciare il degrado ambientale come una diretta conseguenza del modello di sviluppo capitalistico, industriale e consumistico. Vedeva nella distruzione del paesaggio la distruzione della storia e dell’anima popolare. La sua ecologia era una ecologia del sacro.
Pasolini era un lungimirante perché possedeva uno sguardo che era insieme storico e mitico. Guardava al passato per capire il presente e intuire il futuro. Il suo era l’occhio del profeta che non predice, ma avverte con passione.

Il mistero e il silenzio: la morte sospetta e “Io So”

La morte di Pasolini resta una delle pagine più oscure e dolorose della storia italiana. Nonostante la condanna iniziale del “ragazzo di vita” Pino Pelosi, ritrattata anni dopo, l’esecuzione sommaria di Pasolini fu da subito percepita come qualcosa di più complesso di un delitto a sfondo sessuale finito male.
Pasolini era un uomo che sapeva troppo e che non aveva paura di dirlo. La sua vera “condanna a morte” fu scritta da lui stesso nell’articolo “Io So”, pubblicato su “Mondo Nuovo” il 14 novembre 1974 (e poi in “Scritti Corsari”). Nonostante l’uso del titolo “Io so ma non ho le prove”, il testo è un atto d’accusa devastante contro il potere, la cui corruzione non era più un fatto isolato, ma un sistema. Pasolini puntava il dito contro i mandanti nascosti delle stragi (come quelle di Piazza Fontana o l’Italicus), ipotizzando che dietro gli esecutori fascisti ci fossero gli apparati dello Stato, la borghesia industriale e finanziaria.
“Io so” è un testo di un coraggio inaudito. Egli dichiara di sapere chi sono i responsabili e i mandanti, ma si ferma all’ammissione di non avere le prove giudiziarie per incriminarli. Questa mossa non è una ritirata, ma un atto politico: Pasolini vuole che la sua accusa, basata su indizi e una comprensione profonda delle dinamiche del potere, diventi un imperativo morale e civile. La morte del poeta, l’uomo che sapeva, non ha zittito la sua denuncia; l’ha incisa a fuoco nella memoria collettiva, trasformandola in un simbolo eterno della lotta tra la Verità e l’Oscurità. L’ipotesi che la sua morte fosse un omicidio politico, collegato forse al furto delle bobine del film Salò o alle sue indagini private sulla corruzione e le stragi, non è mai stata completamente accantonata, e periodicamente nuove inchieste e riaperture del caso tentano di far luce sui “mandanti ignoti” che, cinquant’anni dopo, restano impuniti.

L’attentato all’Italicus (1974)

La strage del treno Italicus avvenne il 4 agosto 1974. Una bomba ad alto potenziale esplose nella quinta carrozza dell’espresso Roma-Brennero, mentre il convoglio transitava nella galleria di San Benedetto Val di Sambro, sull’Appennino tosco-emiliano.
Vittime e Conseguenze: L’attentato causò la morte di 12 persone e il ferimento di altre 48. Fu uno degli atti più gravi della cosiddetta “strategia della tensione” in Italia.
Responsabilità: Le indagini stabilirono la matrice neofascista dell’attentato.

Il riferimento nell’articolo “Io so”

Pochi mesi dopo l’attentato all’Italicus, il 14 novembre 1974, Pier Paolo Pasolini pubblicò sul Corriere della Sera l’articolo-manifesto “Che cos’è questo golpe? Io so”, poi incluso negli Scritti corsari.
In questo testo, Pasolini non solo nomina l’attentato, ma lo inserisce in una lista di crimini di Stato e di depistaggio, attribuendone la responsabilità a un “vertice” politico-istituzionale.
Il passaggio cruciale è la sua accusa diretta e provocatoria:
«Io so i nomi dei responsabili di quello che viene chiamato “golpe” (e che in realtà è una serie di “golpe” istituitasi a sistema di protezione del potere). Io so i nomi dei responsabili della strage di Milano del 12 dicembre 1969. Io so i nomi dei responsabili delle stragi di Brescia e di Bologna dei primi mesi del 1974. Io so i nomi del “vertice” che ha manovrato, dunque, sia i vecchi fascisti ideatori di “golpe”, sia i neo-fascisti autori materiali delle prime stragi, sia infine, gli “ignoti” autori materiali delle stragi più recenti.»

Sebbene Pasolini non citi l’Italicus esplicitamente in quel passaggio (parlando genericamente delle “stragi di Brescia e di Bologna dei primi mesi del 1974”, riferendosi alla strage di Piazza della Loggia e all’Italicus che avvenne in agosto, ma che era parte della stessa stagione di violenza), l’intero contesto della sua accusa abbracciava pienamente anche l’attentato al treno.
Molti commentatori e documenti successivi hanno chiarito che l’Italicus era inteso come parte integrante di quella “serie di golpe istituitasi a sistema”.

Il significato della denuncia

Per Pasolini, l’Italicus e le altre stragi non erano atti isolati di terrorismo “nero”, ma strumenti di un “potere” occulto e trasversale (che egli definiva la Democrazia Cristiana e i suoi apparati deviati) il cui scopo era:
Protezione del Potere: Stabilizzare l’establishment politico impedendo l’accesso al governo alle forze di sinistra (il Partito Comunista Italiano).

Strategia della Tensione: creare paura e caos nel Paese, spingendo l’opinione pubblica a chiedere misure di ordine e sicurezza, rafforzando così il controllo dello Stato.
L’inclusione dell’Italicus e degli altri atti terroristici in un’unica, lucida accusa di alto tradimento, dimostra il coraggio intellettuale di Pasolini nel denunciare ciò che molti sapevano ma non osavano dire apertamente, rischiando la propria incolumità. La sua morte, avvenuta un anno dopo la pubblicazione di “Io so”, è stata per molti una tragica, sebbene non provata giudiziariamente, conseguenza di quel coraggio.

Il ruolo di Piazza Fontana nell’articolo “Io so”

Pasolini utilizza la strage di Piazza Fontana (Milano, 12 dicembre 1969) come punto di partenza per la sua denuncia contro l’establishment politico-istituzionale italiano.
L’Accusa ai Mandanti: Pasolini dichiara di sapere chi ha voluto l’attentato, distinguendo tra gli esecutori materiali e coloro che, nell’ombra, hanno fornito la protezione politica per rendere possibile e coprire il crimine.
«Io so i nomi dei responsabili della strage di Milano del 12 dicembre 1969.»


Il “vertice” del potere

L’intellettuale non si ferma ai soli neofascisti, ma punta il dito contro il “vertice” della Democrazia Cristiana e degli apparati di Stato deviati (come sezioni dei servizi segreti e intelligence) che avrebbero manovrato gli attentati. Piazza Fontana è vista come la prima azione di una “strategia della tensione” volta a destabilizzare il Paese per impedire l’accesso al governo alle forze di sinistra.

Connessione con altre stragi

Nel testo, Piazza Fontana è collegata direttamente ad altre stragi che hanno devastato l’Italia:
«Io so i nomi dei responsabili delle stragi di Brescia e di Bologna dei primi mesi del 1974 [riferimento a Piazza della Loggia e all’Italicus].»
“Io so. Ma non ho le prove.”
La parte più famosa e politicamente potente dell’articolo è la formula con cui Pasolini bilancia la sua accusa con l’assenza di prove legali:
«Io so tutti questi nomi e so tutti i fatti (attentati alle istituzioni e stragi) di cui si sono resi colpevoli. Io so. Ma non ho le prove. Non ho nemmeno indizi. Io so perché sono un intellettuale, uno scrittore, che cerca di seguire tutto ciò che succede, di conoscere tutto ciò che se ne scrive, di immaginare tutto ciò che non si sa o che si tace; che coordina fatti anche lontani, che mette insieme i pezzi disorganizzati e frammentari di un intero coerente quadro politico.»
Pasolini rivendica, in questo modo, un ruolo di “detective” morale e politico che, grazie alla sua lucidità e alla capacità di connettere informazioni pubbliche e verità taciute, arriva a una verità che il sistema giudiziario, per depistaggio o incapacità, non riesce a raggiungere. Piazza Fontana è l’emblema di questa verità occultata.

L’istante superbo: la poesia di un sogno

Nella Trieste post-bellica e popolare del romanzo “Il sogno di una cosa”, c’è un momento di sospensione, una frattura lirica nel racconto crudo della povertà e della lotta. Un’istantanea che Pasolini usa per descrivere un gruppo di giovani.
Il Nini era leggero, Eligio un matto: ma in quel momento avevano tutti un’aria molto severa, quasi superba; ridevano con l’aspetto di ridere fra loro per fatti tutti speciali, che l’altra gioventù intorno doveva ascoltare tutta ammirata.
Ecco l’interpretazione poetica e coinvolgente di questa frase, che non nomina i personaggi ma coglie l’essenza dell’istante:
C’è un’aria che non è di questo mondo, uno scarto di luce tra la miseria e l’infinito. Sono corpi nati per la fatica, per l’ombra breve del campo e la polvere della strada, eppure in un attimo si accendono, si fanno sculture viventi di un’arcana, fragile superbia. Non è arroganza, ma la subitanea consapevolezza di un segreto.
Il riso che li solca è un crinale netto sul paesaggio della vita comune. Non è gioia sguaiata; è un’eco profonda, un mormorio cifrato che nasce da un luogo che solo loro conoscono. Essi condividono l’evidenza di un fatto speciale, una verità colta in un lampo di visione, forse la semplice, bruciante constatazione di essere vivi, di essere giovani, o forse l’amaro sapore di un futuro che si sa già beffardo.
In quel momento, la leggerezza, la follia, il disordine dell’esistenza si compattano in una severità quasi sacerdotale. Si ergono, inermi, a detentori di un codice non scritto. La gioventù intorno, quella che non ha ancora avuto il battesimo del fuoco e della disillusione, è condannata all’ascolto, all’ammirazione muta. Essi sono l’altare dove si celebra la promessa e la condanna, l’intuizione che il mondo è crudele ma che la bellezza della lotta è l’unica moneta di scambio che valga la pena spendere.
Quell’istante è l’unico vero atto di resistenza: il trionfo effimero della coscienza sull’ineluttabile, il momento in cui l’anima popolare, prima di essere annientata dall’omologazione, rivendica la sua dignità suprema: quella di sognare una cosa e di riderne, in segreto, con la superbia dei giusti. È l’ultima, indimenticabile fiammata di un mondo che Pasolini sapeva di aver già perduto.
«Ma quelli erano i giorni della speranza: la guerra pareva ormai lontana e, per la gioventù, cominciava la vita.»

Commemorazioni a Roma: Cinquanta Anni Dopo

La maggior parte delle iniziative rientra nel grande progetto multidisciplinare promosso da Roma Capitale, intitolato “PPP Visionario”, in corso dal 14 ottobre fino all’8 dicembre 2025.

Rassegna Diffusa “PPP Visionario”
Descrizione: Un vasto programma di oltre cento appuntamenti che celebra l’eredità di Pasolini, coinvolgendo teatro, cinema, arte, incontri, percorsi urbani e sport.
Luoghi: Eventi diffusi tra il centro di Roma e le periferie amate da Pasolini (es. Tor Bella Monaca, Garbatella, Quarticciolo, Idroscalo di Ostia).
Date: Dal 14 ottobre all’8 dicembre 2025.
Link Utile: Pagina ufficiale Roma Capitale – PPP Visionario

Eventi Sportivi e Commemorativi
Pasolini era un grande appassionato di calcio, e il programma include eventi sportivi in suo onore:
Quadrangolare Calcistico “PPP50: Pasolini Gioca Ancora”
Luogo: Stadio dei Marmi “Pietro Mennea” (Viale delle Olimpiadi 60, Municipio XV).
Data: 1° novembre 2025.
Dettagli: Partecipazione prevista di squadre come la Nazionale Attori, la Nazionale Giornalisti e il Campidoglio FC.


“La Corsa di Miguel – Staffetta Pasolini”
Luogo: Stadio dei Marmi “Pietro Mennea”.
Data: 31 ottobre 2025.
Dettagli: Evento sportivo per ricordare il poeta e la sua passione per lo sport.

PODEMA (Partita di calcio e Incontri)
Luogo: Idroscalo di Ostia e Porto di Roma.
Data: 31 ottobre 2025 (pomeriggio/sera).
Dettagli: Evento sportivo-culturale con una partita di calcio tra la Nazionale Poeti e quella dei Giornalisti. Sono previsti incontri e collegamenti video con personalità del mondo del calcio come Roberto Mancini e Fabio Capello.

Mostre e Iniziative Espositive

Mostra Fotografica “Franco Pinna e Pier Paolo Pasolini – Viaggio al termine del Mandrione”
Luogo: Casa del Cinema (Largo Marcello Mastroianni, 1 – Villa Borghese).
Date: Visitabile fino al 30 novembre 2025.
Dettagli: L’esposizione, a cura di Fondazione Cinema per Roma, è dedicata al famoso reportage fotografico realizzato con Franco Pinna sulle borgate romane.
Mostra Fotografica “Dentro la Roma di Pasolini”
Luogo: Biblioteca Guglielmo Marconi (Via Gerolamo Cardano, 135, Municipio XI).
Data: Inaugurazione il 30 ottobre 2025 (ore 10:30).
Dettagli: Mostra ispirata al volume “La Roma di Pasolini” di Dario Pontuale, ripercorrendo i luoghi del poeta tra centro e periferie.
Link Utile: Biblioteche di Roma – PPP Visionario

Teatro e Spettacoli

“Ragazzi di vita e Petrolio. Pasolini dalla parola alla scena”
Luogo: Teatro Elsa Morante (Piazzale Ezio Tarantelli, 20, Municipio IX).
Data: 30 ottobre 2025 (ore 15:00 e 18:00).
Dettagli: Spettacolo e selezione di testi a cura di Roberto Scarpetti, in collaborazione con il Teatro di Roma.


“Feroce. L’ultima notte di Pasolini”
Luogo: Teatro.
Date: 1° novembre (ore 21:00) e 2 novembre 2025 (ore 17:30).
Link Utile: La Voce del Lazio

“3 novembre 1975. Oratorio per i 50 anni dalla morte di Pier Paolo Pasolini”
Luogo: Teatro Argentina (Largo di Torre Argentina, 52).
Data: 3 novembre 2025.
Dettagli: Ideazione e regia di Giacomo Bisordi, con drammaturgia di Fabio Condemi.

“Pasolini. Una storia romana”
Luogo: Teatro Tor Bella Monaca (Via Bruno Cirino, 5, Municipio VI).
Data: 26 ottobre 2025 (ore 17:30).
Dettagli: Spettacolo di e con Massimo Popolizio, nell’ambito del progetto “Le Voci del Presente 2025”.

Incontri e Convegni

Conversazione: Pasolini, il cinema e i Vangeli
Dettagli: L’evento prevede un dialogo tra il regista Martin Scorsese (in collegamento video) e Padre Antonio Spadaro, focalizzato sul rapporto tra l’opera cinematografica pasoliniana e le tematiche religiose.

Maratona Pasoliniana
Luogo: Teatro India (Lungotevere Vittorio Gassman, 1, Municipio XI).
Data: 8 novembre 2025 (ore 10:30).
Dettagli: Reading di brani scelti di Pasolini a cura del Municipio Roma XI e Biblioteche di Roma.

Convegno “Un Poeta che non muore. Pier Paolo Pasolini 1975-2025”
Luogo: Teatro del Lido di Ostia (Via delle Sirene, 22, Ostia, Municipio X).
Data: 26 maggio 2025.
Dettagli: Primo convegno nazionale per l’anniversario, con focus sul dialogo intergenerazionale e il coinvolgimento degli studenti di Ostia.
Link Utile: Centro Studi Pier Paolo Pasolini Casarsa

Incontri tematici alla Biblioteca Guglielmo Marconi (Municipio XI)
14 novembre 2025 (ore 17:30): “I nomi di Pasolini” con Sandra Giuliani e Dario Pontuale.
28 novembre 2025 (ore 17:30): “Il reale del cinema”, sulle fotografie di set pasoliniane.

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Dott.ssa in Discipline Psicosociali. Illustratrice, autrice di libri per bambini e fantasy, racconti, poesie, romanzi. Finalista 2017 del concorso Fiction e Comics, de Ilmiolibro, Gruppo Editoriale l’Espresso con il libro “C’Era Una Volta”. Libri pubblicati sullo stesso sito, Desideri Cristina ilmiolibro.it. Vincitrice del Secondo premio Internazionale di Poesia e Narrativa, Firenze Capitale D’Europa con “La bambola di Giada”. Racconti e favole sono stati inseriti in raccolte antologiche in quanto vincitori di concorsi, quali “Parole d’Italia, Racconti brevi di vecchi e nuovi italiani” indetto dalla Regione Lazio, la favola “Le stelle” selezionata dalla Scuola Holden per DryNites. Vincitrice di svariati concorsi letterari. Ha collaborato con la Montegrappa Edizioni e, per la stessa, ha ideato e curato sette concorsi letterari. Ha illustrato il libro “Sogni e Favole” del romanziere Giuseppe Carlo Delli Santi. Con la Pav Edizioni ha pubblicato il romanzo per la collana psicologica-thriller "La collezionista di vite”. Per la Pav Edizioni e in collaborazione con Gabriella Picerno, psicologa e scrittrice cura le collana 1000 Abbracci. Per la GD Edizioni è co-direttrice (insieme a Gabriella Picerno) della collana pedagogica “Il filo di Arianna”. Cura i concorsi letterari “La Botteguccia delle Favole”, “Lo Zaino Raccontastorie”. Autrice per il blog “Il Mago di Oz”.

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