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Calabria, metà anni Novanta. Mimmo Castelli, giovane pm non ancora trentenne, lavora al tribunale di Palmi, sommerso dagli arretrati e stressato dalla sua nuova vita di genitore. Sposato con Miriam, è diventato padre da un anno, le trasferte quotidiane da Reggio a Palmi lo affaticano come anche la vita adulta che lo allontana dagli amici di sempre.
Il suo precario equilibrio si rompe quando la moglie gli chiede di seguire un misterioso omicidio di una giovane coppia in Germania.
Dalla richiesta di Miriam di accompagnare la sua amica Patrizia per il riconoscimento di uno dei due cadaveri al completo coinvolgimento di Mimmo nel caso, il passo è assai breve.
Manca ancora qualche anno alla strage di Duisburg che rivelerà per la prima volta la presenza della ’ndrangheta e dei suoi emissari nel cuore economico dell’Europa, ma un occhio attento può già intravedere alcuni segni anticipatori. Mimmo a Gottinga si affiancherà alla polizia locale, in un inedito sodalizio calabro-tedesco che lo porterà a confrontarsi con la destra neonazista, le ipocrisie degli agenti con cui collabora e la solita vecchia ombra del delitto d’onore.
Un secondo imperdibile capitolo della saga di Mimmo Castelli, un’andata e ritorno Italia-Germania tutto da gustare. (dalla pagina della casa editrice)
Mimmo Castelli un anno dopo
È passato circa un anno nella vita e nell’attività del pm – o meglio del “Gentile Pubblico Ministero” (piccolo spoiler) – Mimmo Castelli rispetto all’enigmatica conclusione degli eventi descritti ne “Il Dio dello Stretto”. Primo episodio della saga ideata da Vins Gallico che ho avuto il piacere di recensire qui. Lo scrittore conferma le sue capacità nell’utilizzo cinematografico della fotografia attraverso la penna.
Questo permette anche ai nuovi lettori di entrare subito all’interno di una dimensione che sembra vivere oltre il libro. Una dimensione in cui la gentile padrona di casa (ovvero Reggio Calabria) invita sinceramente a prendere posto per un caffè o due chiacchiere tra vicini di ombrellone.
Per i lettori veterani invece è come atterrare all’aeroporto Tito Minniti e ritrovare quel profumo dell’aria, quel colore del cielo e quel und die sonne sceint alleine – per omaggiare il bravissimo cantastorie Peppe Voltarelli, presente in un cameo finale del libro – tanto sognato quando si è migranti lontano da casa.
Personaggi in evoluzione
La vita è un palcoscenico e noi siamo gli attori diceva Shakespeare. Ma se nella vita siamo inconsapevolmente noi a creare il nostro copione cosa succede a un demiurgo autore con i suoi personaggi? La mia percezione è che i personaggi forti vivano in mondi paralleli nella testa degli scrittori a cui, più che plasmarli, non rimane che narrarli. Non so se Gallico sia del mio stesso parere ma l’evoluzione dei personaggi chiave sembra andare in questa direzione.
Sia gli amici di Castelli, la moglie Miriam e perfino il piccolo Francesco si ritagliano spazi e tempi con maggiore personalità. Vi è la maggiore centralità di Luca, più concreta e meno spettrale. Il gradito ingresso di Micalizzi, sulle cui analogie letterarie e cinematografiche ci sarebbe da approfondire. Cresce e si rafforza Mimmo Castelli, una crescita coerente con quella di un uomo normale nella sua situazione. Un antieroe che prende forza dalle sue insicurezze, capace di abbandonare alcuni aspetti di sè per abbracciarne altri. Castelli che come un dispositivo vintage rifiuta il parossismo della performance. Forse per quello necessita occasionalmente del vecchio “spegni e riaccendi” – rappresentato dalla sua patologia – per tornare a funzionare.
Il libro
“La promessa” di Friederich Dürrenmatt, in cui un poliziotto spiega che la realtà investigativa è diversa da un romanzo poliziesco, accompagna la trama del libro. Ma “la promessa” è anche quella che Mimmo fa a Patrizia, a Miriam e soprattutto a se stesso. Castelli si reca in Germania per indagare sul duplice omicidio di Daniela e Carmelo, due emigrati meridionali nella città tedesca di Göttingen. Carmelo, originario di Reggio Calabria, era il fratello di Patrizia, amica di Miriam, che vive in comunità a causa di un difficile passato. Le indagini lo porteranno a imbattersi anche sulle tracce degli assassini dei suoceri e soprattutto a interfacciarsi con la vicecommissaria Birgit Neumann.
Quando lo Stato si prepara ad uccidere si fa chiamare patria.
Friedrich Dürrenmatt
Temi paralleli
Il libro apre molte finestre degne di attenzione. Da quella filosofica e ontologica affidata a una riflessione che prende il via dalla lettura di Todo Modo di Sciascia, a quelle più attuali. Senza voler spoilerare vi invito ad analizzare il personaggio di Birgit Neumann in merito alla differenza tra la vergogna, soprattutto di una certa generazione, rispetto a sentimenti nazisti, primatisti e razzisti – raccontati dalla vicecommissaria – e l’assenza di essi nel nostro paese. Emerge la differenza nel “non aver fatto i conti con il proprio passato” e non resta che chiedersi quanto questo abbia influito e continua a influire su certe dinamiche della storia d’Italia.
Mele marce e riflessioni personali
Dal libro si può prendere spunto anche per una riflessione sulle cosiddette mele marce all’interno delle “forze dell’ordine”. È forse un altro ctonio suggerimento di analisi, fornitoci dal dio dello stretto, che questo libro sia stato pubblicato nelle stesse settimane in cui un protagonista degli abusi e delle violenze commesse dalla polizia nella scuola Diaz, durante il G8 di Genova 2001, veniva promosso a questore di Monza.
Dal mio punto di vista non esistono mele marce. Il femminicida non è un uomo malato ma un figlio sano del patriarcato. I poliziotti che abusano del potere monopolistico della violenza, per conto dello stato, non sono mele marce ma frutti sani di un albero putrescente. La promozione di Ferri è lì a testimoniarlo. Se qualcuno volesse cercare mele marce nelle forze dell’ordine dovrebbe farlo tra chi si rifiuta di usare la violenza e tra chi si vergogna della divisa macchiata dal sangue di chi esprime dissenso e subisce repressione.
Conclusione
Avrete capito che la recensione è viziata da una stima personale delle qualità letterarie dell’autore. Ebbbene si! Lo ammetto. Vins Gallico è uno dei miei scrittori contemporanei preferiti. Ha uno sguardo vero sui miei luoghi del cuore, (il romanzo si chiude nella splendida Palizzi) lontano dai filtri instagrammabili e vicino a una una percezione sincera delle smisurate arroccate bellezze e le decadenti mollezze. Aspetterò il terzo episodio con desiderio ma senza impazienza. La velocità e l’efficienza di un mondo che corre non sono d’altronde roba di Mimmo Castelli; e forse non lo saranno più neanche di Birgit Neumann. In definitiva, se volete un consiglio, vi invito ad appassionarvi a questa saga.
